Tash Aw
La vera storia di Johnny Lim
Prefazione di Doris Lessing
Traduzione di Giuseppe Marano
Chi è “Johnny” Lim? Un comunista pronto a sacrificarsi per la sua gente o un informatore dei giapponesi? Un uomo d’affari illuminato o un criminale senza scrupoli? Un marito devoto o un opportunista dal cuore di ghiaccio? Nello straordinario romanzo d’esordio del giovanissimo autore anglo-malese Tash Aw, tre persone che lo hanno conosciuto da vicino cercano di ricostruire la camaleontica identità di uno dei più memorabili personaggi di fiction degli ultimi anni, un leggendario e controverso anti-eroe cinese che a cavallo tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta ha determinato le sorti di quel travagliato angolo di paradiso terrestre che è la valle di Kinta, in Malesia. Il primo “ritratto” di Johnny è affidato a suo figlio, Jasper, che narra in modo impietoso l’ascesa del padre, piena di colpi di scena, da immigrato senza speranze a leader locale e la scia di nefandezze e atrocità che avrebbe lasciato dietro di sé nella costruzione del suo “impero”, simboleggiato dall’imponente fabbrica di seta. Ma egli ignora un evento cruciale e terribile nella vita di Johnny, che si svela magicamente al lettore attraverso il diario di sua moglie, la bellissima Snow, e le memorie del suo migliore amico, il carismatico inglese Peter Wormwood, dai quali emerge un ritratto di Johnny molto diverso da quello di Jasper. Qual è la verità? Al lettore l’onere di mettere insieme i pezzi del puzzle…
«La vera storia di Johnny Lim è un romanzo meraviglioso… non riuscivo a mettere giù il libro. Ci troviamo di fronte a un grande scrittore».
Doris Lessing
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Compagno Johnny
L eggendo il romanzo opera prima “La vera storia di Johnny Lim” dell’anglo-malese Tash Aw, viene di fare due considerazioni. La prima riguarda il genere a cui il libro appartiene: il romanzo di avventure. Certo si tratta di una rivisitazione colta e in qualche misura ironica: tuttavia gli stilemi (rinnovati con gusto e intelligenza) del romanzo d’avventure ci sono tutti. Ci troviamo nella valle del Kinta, in Malesia, negli anni Quaranta, e il protagonista Johnny Lim, un giovane comunista spregiudicato e parecchio infido, spende la propria vertiginosa esistenza attraversando minacce e pericoli che non di rado si tingono di esotico orrore. Il racconto ci viene in principio riferito dal figlio, che di Johnny ha una visione affascinata e atterrita. La storia passa poi di mano e diventa il diario della moglie di Johnny, la bella e ricchissima Snow, che rivelerà un tratto imprevisto e segreto del marito. Infine sarà Peter (l’amico inglese del protagonista) a rivelarci il senso di una vita che , raccontata da differenti angoli visuali, continua a sfuggire nella sua bellezza terribile e miserevole. Quello che colpisce, in tutto questo lussureggiare di caratteri, paesaggi e misteri,è la maestria del giovane autore: sa tenerci inchiodati alla storia come un Kipling con l’aggiunta di Somerset Maugham.” Non riuscivo a mettere giù il libro”, scrive Doris Lessino nella nota introduttiva.
La seconda considerazione è un po’ mesta. E riguarda la narrativa italiana. Non sono di quelli che si lagnano ad ogni piè sospinto sui romanzi (o, se preferite, i film) di casa nostra e poi si devono fesserie tremende osannandole per ragioni ideologiche, o di amicizia, o di pochezza intellettuale. Non amo le lagne e tuttavia mi viene da dire: leggete quest’opera prima e poi trovatemi un solo esempio italiano che possa vagamente fare il paio. Sono pronto a scommettere. Purtroppo.
– 23/06/2006
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C’era una volta in America tropicale
Il Kinta è una stretta valle malese, invasa dalla giungla e ferita dalle miniere. Nei crateri pieni d’acqua degli antichi giacimenti i giovani fanno il bagno: può capitare che qualcuno non torni a galla. Quando piove, l’aria odora di polvere e caramello e le strade diventano di fango. È qui che il giovane Tash Aw, cresciuto a Kuala Lumpur ma da nani residente in Inghilterra, ambienta La vera storia di Johnny Lim. Esordio fortunato, tradotto in molti Paesi e vincitore del Whitbread Book Award e del Commonwealth Writers Prize. Doris Lessino nella prefazione lo definisce “un romanzo meraviglioso”. O forse tre. Perché a raccontare la storia di Johnny, bugiardo, imbroglione, traditore e puttaniere è un trio di voci discordi: il figlio Jasper, la moglie Snow, l’amico Peter. È Jasper a darci il primo ritratto del padre. Un ritratto in seppia, sullo sfondo della Malesia anni Quaranta, tra gli ultimi fuochi del dominio britannico e il lampo furioso dell’occupazione giapponese. Johnny, figlio di poveri coolies cinesi, diventa l’uomo più influente della valle. Il suo Setificio dell’Armonia, avamposto di mille attività illegali, testimonia di tutte le morti misteriose che ne fanno un mostro agli occhi del figlio. Mentre ci adagiamo in un inedito C’era una volta in America tropicale, veniamo sorpresi da un improvviso cambio di tono. Perché nella seconda parte del romanzo incontriamo il diario di Snow Soong, bellissima sposa del rampante Johnny Lim, morta nel mettere al mondo Jasper. Spiamo i suoi pensieri e ci imbarchiamo con lei e il marito in una tragica luna di miele. Qui Johnny non è uno spietato assassino, ma un uomo in difficoltà di fronte alla signorile alterità della moglie. Infine, seguiamo le memorie dell’eccentrico inglese Peter: scopriamo che forse Lim era solo l’unico uomo capace di leggere Shelley a Singapore, infelice nonostante la straordinaria intelligenza, tradito non meno che traditore. Il suo mistero resta intatto e insieme l’idea che la morte cancella ogni ricordo della vita che esisteva un tempo. Ci sono libri che hanno una musica dentro. Un motivo struggente e indefinito, che resta nella mente dopo l’ultima pagina. Non sono libri perfetti ma hanno un’anima speciale. La vera storia di Johnny Lim è uno di quei libri.
– 01/05/2006
Viene dalla Cina (via Malesia) lo scrittore inglese dell’anno
Cinese di Taipei, cresciuto in Malesia, “immigrato” a Londra a 18 anni, Tash Aw,, oggi trentaduenne, è il più recente caso letterario inglese. Il suo primo romanzo, La vera storia di Johnny Lim (Fazi, tra poco in libreria), è stato tradotto in dodici lingue e ha ricevuto due prestigiosi premi britannici, il Whitbread Book Award e il Commonwealth Writers’ Prize. Un successo che ha trasformato un ex avvocato molto infelice (“non era quello che volevo”) in scrittore affermato. Lo abbiamo rintracciato in Cina, dove sta realizzando un programma televisivo per la Bbc.
Adesso dove si trova esattamente?
“A Pechino per intervistare alcuni scrittori: giro, registro impressioni. Il paradosso è che pur essendo etnicamente cinese non ero mai stato in Cina”.
Il suo libro è insieme un romanzo storico, un thriller, una storia d’amore. Con un protagonista il cui enigma non si scioglie neppure alla fine…
“È quanto volevo: chi è Johnny Lim? Un eroe o un doppiogiochista? Il romanzo parla dell’impossibilità di conoscere veramente qualcuno, perché la gente spesso si nasconde, si reinvesta. Succede soprattutto in Asia, dove molti vengono da esperienze terribili che vogliono cancellare. Solo che nel dimenticatoio finiscono magari anche i bei ricordi. Ecco, il mio libro parla anche di tutto ciò che abbiamo perso”.
E lei che rapporto ha con i suoi ricordi?
“I miei ricordi sono meravigliosi, è la realtà a deludermi! Sono cresciuto in Malesia, nella valle di Kinta, dove ancora vive la famiglia di mia madre. Un’infanzia idilliaca: pescavo, giocavo lungo il fiume. Di recente sono tornato lì ed è stato deprimente: i villaggi vengono abbandonati, tutti vogliono andare in città”.
Dunque, quello che oggi ha con la Malesia è un rapporto di amore-odio?
“Sì, non sopporto il materialismo dei miei coetanei, il disprezzo della storia e della cultura, la corruzione della politica. Ma credo che bisogna interrogare il proprio paese in profondità per amarlo: la Malesia farà sempre parte di me, e io della Malesia”.
Ma lei oggi si sente un malese che vive a Londra o un cittadino inglese con ascendenze malesi?
“Sono un malese che dopo quindici anni a Londra ha punti di vista molto inglesi. Il problema è che a Londra mi sento malese, in Malesia inglese”.
Doppia e faticosa appartenenza, linguistica e culturale, o duplice ricchezza di sguardo?
“Una doppia identità, contro la quale ho a lungo lottato: solo di recente ho accettato di conviverci. Ho sofferto soprattutto per non essere mai appartenuto a un gruppo. D’altra parte, come outsider sento di avere una ricchezza di sguardo che la maggioranza della gente non ha”.
Immagino che il successo di questo romanzo le abbia cambiato la vita, anche economicamente…
“Sono fortunato, posso vivere della mia scrittura, come ho sempre sognato. Ma nnon sono ricco, ho soltanto dei vestiti più belli!”.