In occasione dell’uscita de L’annusatrice di libri di Desy Icardi, Giorgia Rovere ci racconta le sue impressioni sul romanzo.
L’annusatrice di libri, della vulcanica Desy Icardi, scrittrice, cabarettista, formatrice aziendale e copywriter, ma anche creatrice di Patataridens, il primo blog italiano dedicato alla comicità al femminile, è un’intensa parabola sulla capacità dei libri di cambiare il modo in cui si guarda il mondo, aiutando le persone ad aprirsi ciascuna ai bisogni dell’altra.
Le vicende narrate si sviluppano lungo due diversi assi temporali, quello della storia personale di Amalia, umile ragazza di campagna che, mandata dal padre a Torino dopo un incidente accadutole in paese, mentre imperversa il fascismo pianifica la propria ascesa sociale, e quello di fine anni ’50 in cui si sviluppano le vicende della nipote quattordicenne Adelina, l’“annusatrice”, che nel 1957 troviamo sui banchi di scuola, tra compagne che la deridono e docenti che la sottopongono a continue punizioni per il pessimo rendimento. La ragazza, figlia di un fratello di Amalia, nato contadino ma arricchitosi come autotrasportatore, è stata a sua volta mandata a Torino dal padre, ma a differenza della zia per studiare in una “scuola per signorine”, evitando il rischio di essere sedotta da qualche povero compaesano. In città viene ospitata dietro compenso proprio da Amalia che nel frattempo, dopo essere stata modista e soubrette d’avanspettacolo, è diventata madama Peyran, grazie al rocambolesco matrimonio con un anziano quanto ricco militare, morto precocemente. Dapprima isolata dalle ricche compagne, a causa della modestia degli abiti e di quella che tutti scambiano per “somaraggine”, grazie a un incidente scolastico che evidenzia la generosità di entrambe Adelina diventa amica di Luisella, figlia del facoltoso e affascinante notaio Vergnano. Proprio mentre studia insieme a quest’ultima la giovanissima protagonista, sofferente perché da qualche tempo non è più in grado di leggere, si rende conto di possedere una straordinaria capacità: quella di leggere anziché con gli occhi tramite l’olfatto, attraverso i profumi che si sprigionano dalle vicende narrate. Ciò che Adelina non può prevedere è il pericolo che scaturirà dalla scoperta del suo segreto da parte di altri. Dopo che il reverendo Kelley, temutissimo insegnante delle due ragazze ed esperto crittografo, gli ha rivelato il talento nascosto di Adelina, il notaio Vergnano, a sua volta crittografo e collezionista di libri antichi dalle smisurate ambizioni, ordisce infatti una macchinazione volta a far sì che l’amica delle figlia decripti il Manoscritto Voynich – il libro più misterioso della storia dell’umanità – dando avvio a un’inarrestabile serie di eventi dall’esito imprevedibile.
Tra corteggiatori squattrinati e genitori preoccupati di difendere l’onore delle figlie, prestigiatori dediti all’alcool e rutilanti luci di varietà, macchinosi esercizi di arti seduttive e provvidenziali morti premature, scorrono in chiave tragicomica i tratti salienti della vita di Amalia giovane. Parallelamente, separate da una distanza temporale di circa un quarto di secolo, tra variegati profumi di capolavori della letteratura, stanzini della tortura e machiavelliche trame, si snodano le vicende che vedono come protagonista Adelina, in bilico tra delicata fiaba e thriller dalle atmosfere a tratti gotiche.
L’annusatrice di libri si avvale di un linguaggio molto fluido, nel raccontare la vita di Amalia intriso di un frizzante umorismo dal sapore deliziosamente rétro. Un linguaggio capace di restituire efficacemente dettagli esterni e bagaglio emotivo delle persone, attraverso frasi curate e mai banali ma al contempo di una chiarezza cristallina, che rende la narrazione adatta a lettori anche molto giovani.
Come ha già evidenziato Alessia Ragno, è un romanzo che sceglie di ruotare attorno a personaggi femminili forti, malgrado le tante fragilità, nettamente predominanti su quelli maschili. Nessun uomo ne esce bene, a parte l’ultraottantenne avvocato Ferro. Anche le donne non sono propriamente emblemi di onestà e dignità ma, almeno per quanto concerne Amalia e le colleghe del cabaret, l’amica/mentore Caterina in testa, l’ingenuità di fondo mescolata a slancio vitale e la grande attenuante di dover sopravvivere alla povertà e al maschilismo imperante suscitano una tenerezza piena di simpatia. Storia a sé fa la mamma di Luisella che, malgrado la centralità del suo ruolo, per gran parte della narrazione resta sullo sfondo. La donna, che a dire del marito avrebbe abbandonato lui e la figlioletta e la cui vera sorte si scopre solo alla fine del romanzo, ha pagato un prezzo altissimo per essere cresciuta senza madre e aver sposato l’uomo sbagliato. Ma nonostante le sue fragilità ha saputo trasmettere a Luisella l’amore per la lettura, che nei momenti più difficili è ciò che permette loro di continuare a comunicare.
LUISELLA PRESE LA CONSUETUDINE DI ANDARE NELLA CAMERA DOVE SUA MADRE SE NE STAVA SDRAIATA AL BUIO: SI SEDEVA SULLA POLTRONA DAMASCATA, SCOSTAVA LEGGERMENTE LE TENDE E LEGGEVA AD ALTA VOCE LA COMMEDIA UMANA
I libri, oltre a saper creare ponti tra esseri umani, appaiono risolutivi negli snodi cruciali del romanzo.
IN QUALUNQUE PAGINA DI QUALSIVOGLIA LIBRO SI POSSONO TROVARE TUTTE LE LETTERE NECESSARIE PER DIRE CIÒ CHE SI DESIDERA, L’IMPORTANTE È CHE L’INTERLOCUTORE CONOSCA LA CHIAVE DI LETTURA, COSÌ AVEVA DETTO KELLEY
Ad accomunare i personaggi adulti de L’annusatrice di libri è un senso della vita molto concreto, tutto teso allo sviluppo di strategie grazie alle quali poter raggiungere l’oggetto del desiderio. Un oggetto di volta in volta costituito dalla decodifica di libri antichi (per Kelley e Vergnano), dal soddisfacimento delle proprie pulsioni erotiche (per Gottardo Peyran, spasimante frustrato prima che riluttante marito) o dalla necessità di garantirsi un futuro sicuro (per il precario mondo del varietà come per la famiglia di Amalia e Adelina, intrisa di quel “materialismo” legato all’istinto di sopravvivenza che è tipico della povera gente). Anche Ferro, il personaggio più positivo tra gli adulti, l’unico a non percepire mai il rapporto con gli altri in modo strumentale e ad aiutare chiunque gli chieda di farlo in modo disinteressato, malgrado l’eccentricità e qualche mancanza di lucidità legata all’età avanzata appare dotato di solido senso pratico («CERTE COSE È MEGLIO CHE LE IMPARI DA GIOVANNI BOCCACCIO ANZICHÉ DA QUALCHE GIOVINASTRO».)
I due fratelli, Adelmo e Amalia, ricordano il verghiano attaccamento alla “roba” di Mastro don Gesualdo. Madama Peyran è un’“anima semplice” e purtuttavia capace di raffinate macchinazioni, sia pure su suggerimento dell’amica Caterina, il cui principale insegnamento è: «GLI UOMINI SONO TUTTI MASCALZONI E SE CEDI PRIMA DI AVERE UN ANELLO AL DITO, ADDIO SOGNI DI GLORIA». Una volta raggiunta la ricchezza Amalia non si concede però il lusso di goderne, costringendo la nipote a fare altrettanto, sia per il terrore di perdere il benessere acquisito sia per i sensi di colpa che glielo fanno percepire come immeritato. Ma nell’ultima parte del romanzo, posta di fronte a un crescendo di tragici eventi che la fanno temere per la vita stessa di Adelina, insieme alla capacità di apprezzare i libri, sino ad allora tanto temuti, mostra un’insospettabile capacità di autocritica, amore e generosità.
L’infido Vergnano per dedicarsi ai libri antichi ha depauperato le ricchezze famigliari e, ossessionato dal desiderio di diventare un’indiscussa autorità in materia, è disposto a tutto pur di riuscire a decifrare il manoscritto Voynich. Il reverendo Kelley dal canto suo è un uomo di fede rigido e intollerante, che interpreta il proprio ruolo di educatore in modo tanto inflessibile da non esitare a ricorrere a mezzi di correzione che sfociano in frequenti maltrattamenti ma, a differenza del notaio, è provvisto di saldi principi morali che gli impediscono d’inseguire la sua passione quando ciò cozza contro il benessere altrui. Il terzo personaggio maschile per importanza è l’ingordo Peyard, la cui grottesca figura s’inserisce nel solco dei grandi personaggi della commedia di carattere goldoniana. Spassosa la descrizione del suo primo incontro con Amalia, col feroce scambio di battute tra questa e Caterina:
“«SEMBRA UN MAIALE CON POCHE SETOLE», COMMENTÒ RABBRIVIDENDO DI DISGUSTO. «DEL MAIALE NON SI BUTTA VIA NIENTE», RACCOLSE CATERINA CON UN RISOLINO, «E QUELLO È UN PORCELLO CON TANTA DI QUELLA CICCIA CHE SE RIUSCIRAI A SCUOIARLO TI SFAMERÀ PER MOLTI INVERNI». «NON CREDO CHE AVRÒ IL CORAGGIO DI TOCCARLO, FIGURIAMOCI DI SCUOIARLO»
Il personaggio più positivo in assoluto del romanzo è certamente Adelina, la sua protagonista. Legata da un’affettuosa amicizia, nata per caso ma destinata a consolidarsi nel tempo, con la ben più viziata ma protettiva Luisella, la ragazza attraversa il romanzo con una grazia candida capace alla lunga di conquistare chiunque. Riservata e sensibile, anche quando subisce il disprezzo altrui non scalfisce la dolcezza del proprio carattere, arrivando spesso a comprendere, grazie a un notevole intuito acuito dalla sua “peculiarità”, ciò che agli altri appare di difficile comprensione.
Il romanzo nasce da un reale stato di mancanza, ci svela l’autrice in un bell’articolo dedicato, la mancanza dell’impareggiabile profumo della carta e dei libri, sia essa dovuta a massa tumorale, morbo oculare o quant’altro. E allora perché non immaginare che dal dolore dell’assenza, frutto della grave limitazione di un senso, possa nascere per compensazione la dilatazione di un altro? Perché non fare in modo che si materializzi un piccolo incantesimo, quello della parola scritta capace di trasformare il dolore in qualcosa di magico per sé e per gli altri?
Magico come sanno esserlo le storie capaci di dare corpo ai sogni.
L’annusatrice di libri: tra commedia, ironico thriller e tenera fiaba, un fresco omaggio intriso di magia al potere senza tempo dei libri.
Giorgia Rovere