In occasione dell’uscita di Perdersi, pubblichiamo un estratto della biografia Elizabeth Jane Howard, un’innocenza pericolosa di Artemis Cooper, in cui si racconta la nascita del romanzo.
Sulla scia dei Cazalet, nell’ottobre del 1995, erano arrivate tante lettere di lettori e ascoltatori. Una di queste era stata scritta da un uomo che diceva di essersi innamorato di lei ascoltando la sua voce alla radio, e gli sarebbe piaciuto tanto prendere un tè insieme. Poi arrivò una seconda lettera, nella quale lui si chiedeva se avesse ricevuto la prima e le diceva che la capiva eccome se non voleva incontrarlo per un tè. Jane gli scrisse dicendo di non stare bene, così il tè avrebbe dovuto aspettare fino a marzo. Lui le rispose subito, e presto nacque una corrispondenza.
Alla fine del 1995 la loro relazione arrivò a un punto cruciale. «Me ne stavo in piedi vicino alla finestra della mia camera da letto e guardavo il punto sotto l’albero di faggio in cui presto sarebbero apparsi i primi bucaneve, chiedendomi se quello fosse l’ultimo anno in cui li avrei visti, quando squillò il telefono. Era lui». Non parlarono a lungo, e Jane non ricordava se gli avesse detto allora o più avanti di avere il cancro. Probabilmente sì, altrimenti quel momento per lei non avrebbe avuto importanza. Le lettere continuarono ad arrivarle anche nell’anno nuovo, mentre si sottoponeva ai cicli di radioterapia, cinque giorni a settimana per tre settimane.
Poi ricevette una lunga lettera in cui lui le diceva di amarla. Gli rispose che era una sciocchezza, poiché non la conosceva affatto. Ma le lettere di lui proseguirono, tre a settimana; e anche se non erano prodighe di dettagli, sembrava che la sua fosse una vita triste. Si era separato dalla moglie e viveva da solo. Lei gli rispose di non potergli scrivere altrettanto spesso, dal momento che stava iniziando un nuovo romanzo.
Si chiamava Malcolm Shane: non era il suo vero nome, ma esistono ancora ottime ragioni per non rivelarlo. Continuava a ripetere a Jane quanto fosse bella. Lei gli rispose che anche questa era una fesseria, essendo grassa e con i capelli bianchi – non come appariva sulle copertine dei libri. Nonostante tutto si godeva queste schermaglie letterarie, essere corteggiata le piaceva. Mostrò alcune lettere di Malcolm a Jane Wood: «Erano molto reverenziali, rispettose, intelligenti; di sicuro aveva fatto le sue ricerche». Aveva letto tutti i suoi romanzi, oltre alle biografie di Peter Scott e Kingsley Amis.
Jane aveva dovuto rimandare l’operazione alle vene della gamba all’inizio di aprile del 1996; e avendo detto a Malcolm che lo avrebbe incontrato a marzo, fissarono una data. Il problema era che lui viveva molto lontano, nelle Orcadi, e non aveva tanto denaro. Jane allora aveva parlato di Malcolm a molti dei suoi amici, e di come si sentisse eccitata e in fibrillazione al pensiero di conoscerlo. Loro la esortarono a essere ragionevole. Incontralo in un luogo neutrale come un albergo di Londra, le dissero; dopotutto non lo conosci, potrebbe anche non piacerti. Ma la prospettiva di un tè a Londra la scoraggiava. Entrambi sarebbero stati a disagio e timidi, sarebbe stato un disastro. Decise invece di ospitarlo per un fine settimana a Bridge House, insieme ad altri ospiti.
Concordarono che sarebbe arrivato nel Suffolk nel weekend dal 15 al 18 marzo. Selina Hastings venne a trovarla ai primi del mese, e il sabato si ritrovò a dover scarrozzare Jane in macchina fino a Harleston, accompagnandola in giro per negozi. Si comprò del mascara a prova di lacrima, sapendo che si sarebbe commossa nel vederlo; e una nuvola di biancheria di seta, vestaglie e sottovesti, parlandone come se fossero il suo corredo da sposa. «Fu una giornata estremamente stancante», nel ricordo di Selina. «Doveva provarsi tutto, voleva la mia approvazione, ed era così eccitata, come una diciassettenne».
Dawn Fairhead passava là tutti i giorni feriali, e via via che l’incontro con Malcolm si avvicinava, si accorse che Jane aspettava quel momento con ansia crescente. A un certo punto si rivolse a Dawn e le chiese: «Mettiamo che voglia fare l’amore con me? Che cosa dovrei fare?». Dawn le rispose: «Sai, in realtà non è che ci si dimentichi come si fa… è come andare in bicicletta». In effetti nella mente di Jane non c’erano dubbi che avrebbero fatto sesso. Era da sedici anni che aveva lasciato Kingsley e prima di allora ce n’erano stati altri di castità.
Jane aveva invitato Jane Wood e il suo fidanzato, Edward Russell-Walling, a stare da lei per il weekend di Malcolm; ma poiché non potevano arrivare prima di sabato, invitò Nick McDowell a farle compagnia il venerdì sera.
Malcolm arrivò, a bordo di un’automobile noleggiata a Stansted. «Bevemmo insieme un bicchiere di vino prima che Nick ci raggiungesse a cena», scrisse Jane. Nick aveva portato con sé Anna, la sua figlioletta di sei anni, e la stava mettendo a letto. Sebbene non fosse particolarmente bello, Jane notò che Malcolm era tuttavia dotato di un enorme fascino. Capì che era nervoso, perché quando si strinsero la mano aveva i palmi sudati. A cena rimase in silenzio, ma aveva fatto un lungo viaggio e probabilmente era stanco. A parere di Nick, Malcolm sembrava abbastanza innocuo: «Era del tutto privo di attrattiva e invisibile: un tipo inconsistente». Quanto a Jane, Nick sentiva che «era nervosa: sapeva di correre dei rischi e ne era consapevole». Jane Wood e Edward Russell-Wanting ebbero reazioni simili: «Pensavamo che fosse un tipo ottuso e abbastanza limitato, niente affatto all’altezza di Jane, ma non avemmo dubbi sul fatto che la amasse».
Non appena Nick si fu ritirato in camera, Jane disse a Malcolm che «c’è qualcosa che dobbiamo toglierci di torno», e lo condusse di sopra. «Com’è mio solito quando ho paura di qualcosa, mi ci tuffai e lo invitai a dividere il mio letto con me. Subito fu chiaro che era quello il suo elemento. Ma al contrario di altre persone di mia conoscenza, non fece delle avance spinte, disse che avevamo bisogno di tempo – o almeno, che ne avevo bisogno io per conoscerlo meglio. Questa frase, che non mi avevano mai detto prima, mi stregò».
Il lunedì mattina ripartì e ripresero le lettere; Dawn notò dalle buste che aveva una bellissima grafia e che Jane «aspettava il postino come una scolaretta». Lo invitò di nuovo a stare da lei, dopo l’intervento alla gamba di inizio aprile. Stavolta sarebbe rimasto per dieci giorni, così avrebbero potuto conoscersi meglio.
Qualche giorno prima della seconda visita di Malcolm, Nicola andò a trovare Jane e seppe da Frances che lei e Sargy erano preoccupati dalla presenza di quest’uomo. Jane doveva ancora rimettersi dall’operazione, così fu Nicola ad andare a prendere Malcolm all’aeroporto di Norwich. «Come sta Jessica?», le chiese quando entrarono in macchina, intendendo Jane – cominciavano bene! Nel suo diario Nicola annotò: «Spero davvero che sia un tipo a posto, ma è difficile dirlo con certezza. Lei ha bisogno di lui. Spero che lui non se ne approfitti».
Anche Jane notò la sua diffidenza. Vedeva che Malcolm faceva grandi sforzi per essere gentile con Nicola, senza successo. Le mostrò il programma di un’esibizione equestre nel Somerset, dove lui e la sua seconda moglie avevano vissuto (non l’ultima che aveva lasciato da poco, quella era la terza). Era morta in un incidente a cavallo quello stesso giorno, le disse, e lui aveva scritto il suo nome sulla copertina. Il programma risaliva a qualche anno prima, ma Nicola fu subito assalita dai sospetti. Gli incidenti mortali a cavallo sono rari e molto controversi. Lei ed Elliott avevano dei cavalli e conoscevano bene la comunità degli appassionati d’equitazione nel Sud-Ovest dell’Inghilterra, eppure non le veniva in mente nessun incidente mortale negli ultimi anni. Nicola non disse nulla, ma si segnò il nome della moglie.
Qualche giorno dopo il ritorno di Nicola nel Gloucestershire, Jane cadde in malo modo sulle lastre di pietra di York, fuori dalla veranda con le vetrate. Era finita sulla gamba malata, e cadendo la ferita dell’operazione si era riaperta, così non poté muoversi fino all’arrivo di Frances e sua figlia Susanna.
Il dottore disse che sarebbe dovuta restare a letto più o meno fino a quando la ferita non si fosse rimarginata. Malcolm, che era fuori quando lei ebbe l’incidente, si fece avanti. «Avevo parecchio dolore», scrisse Jane, «e a lui faceva molto piacere prendersi cura di me – preparandomi il tè, facendo la spesa. Accennò al suo trasferimento a Bungay e all’acquisto di un cottage. Sentivo che quello che voleva davvero era vivere con me a casa mia, e qualcosa dentro di me mi disse che non si trattava di una buona idea».
Ma da qualunque parte provenissero i segnali d’allarme, Jane non era disposta ad ascoltarli. «Mi piaceva fare sesso con lui, e parlavamo in modo molto amichevole», scrisse. «Era straordinario avere una vita sessuale». Però qualcosa in lui non quadrava. Pur avendo soltanto sessantadue anni, non sembrava avere un lavoro né un’occupazione, neanche un hobby. «Tutto ciò che voleva fare, disse, era prendersi cura di me. Una cosa che suonava allo stesso tempo bella e alquanto strana». Malcolm viveva in una casa popolare nelle Orcadi, e ammise di avere dei debiti sulla sua carta di credito, che Jane pagò al posto suo. Pagò anche i suoi biglietti aerei, ma non le importava, dal momento che era lui a spostarsi.
A Dawn non piaceva granché: «Ti metteva un po’ troppo le mani addosso, ti abbracciava, quel tipo di cose lì». Jane ebbe un altro amico ospite in casa per alcuni giorni e, ovviamente, nemmeno a lui piaceva Malcolm, ma la cosa era reciproca: entrambi dissero a Jane che l’altro beveva di nascosto. Jane non prese il fatto molto seriamente: davanti a lei, Malcolm beveva vino e birra con moderazione.
Rimase per più di un mese, dal 25 aprile al 27 maggio; e durante questo periodo, con suo grande sconcerto, le chiese di sposarlo. Jane gli disse che non aveva intenzione di risposarsi con nessuno, e lui sembrò accettare la cosa; ma continuò a corteggiarla.
A maggio Jane invitò Selina, Monkey e la vecchia amica Susan Allison per un fine settimana. Era la prima volta che Selina incontrava Malcolm, che ricorda «alto, robusto, muscoloso, con troppi peli sul petto e l’accento scozzese». A un certo punto durante il pranzo se la svignò, senza scusarsi, e dopo venti minuti tornò con quattro rose, ciascuna avvolta nel cellofan. Ne diede una a Susie, una a Selina, e le ultime due «alla donna più bella della stanza». Selina e Susie trovarono questo sfoggio di galanteria davvero imbarazzante, e anche Jane, che ciononostante ne fu toccata e compiaciuta. Dopo pranzo i tre ospiti, con il tatto di un elefante, uscirono di casa per fare una passeggiata; e mentre camminavano Monkey disse: «Che tristezza, ho perso mia sorella».
A questo punto, chiunque dicesse a Jane che Malcolm non era alla sua altezza intellettuale veniva accusato di essere uno snob: «Non mi importava niente del suo ceto sociale, per me non faceva nessuna differenza. Ma in un certo qual modo la fece. Mi mise sulla difensiva e allo stesso tempo mi rese protettiva nei suoi confronti». Ma che fosse disposta ad ammetterlo o no, provava imbarazzo. Non solo, non si fidava molto di lui.
Durante il suo secondo soggiorno, Jane dovette recarsi per un giorno a Londra, come relatrice a una conferenza. «Non voleva esibirlo all’evento letterario», ha raccontato Monkey, «ma nemmeno lasciarlo da solo in casa, così mi chiese di offrirgli la cena. Era alto quasi un metro e ottanta, corpulento; certo, non il tipo con cui mettersi a discutere».
Malcolm trascorse l’intera serata a cantare le lodi di Jane e a dire quanto volesse sposarla, «una cosa che trovai molto noiosa. Notai anche che non mi fece nemmeno una domanda su di me, e parlò pochissimo della sua vita. Mi ritrovai a pensare: questa sarebbe la persona che mi toccherà avere tra i piedi ogni volta che vado a trovare Jane?». Nel frattempo, la famiglia di Jane era preoccupata abbastanza dalla presenza di Malcolm da iniziare a fare delle ricerche.
Quando alla fine di maggio Malcolm se ne andò, Jane notò di sentirsi alquanto sollevata. «Mi chiedevo se – come nel bel racconto di Elizabeth Taylor in cui lei incontra un uomo con il quale ha corrisposto per anni e scopre di non poterlo sopportare neanche per la durata di un pranzo – avremmo fatto meglio a continuare con le lettere», scrisse. «Ma no, appena andò via pensai a quando sarebbe tornato. “Ti piaccio a letto”, mi disse un giorno, ed era la verità. Quello che lui non sapeva era quanto questo fosse insolito per me».
Dal momento che in agosto sarebbe andata in vacanza in Grecia insieme a Nick McDowell e a Sarah Raphael, invitò Malcolm a ritornare per dieci giorni a luglio. Mentre stavano insieme, telefonò a Nicola per dirle quanto fosse bello riaverlo con lei.
Ma una sera Malcolm le chiese di nuovo di sposarlo, come se non si ricordasse affatto del suo fermo rifiuto la prima volta che glielo aveva proposto. Jane gli disse forte e chiaro che non se ne parlava nemmeno: non aveva assolutamente intenzione di risposarsi, chiusa la questione. Malcolm andò su tutte le furie. Perché non voleva sposarlo? Non era abbastanza bravo per lei e i suoi amici snob? Si arrabbiò al punto da colpirla, poi corse fuori. Jane era terrorizzata. Chiuse a chiave tutte le porte, mise una sedia sotto la maniglia della sua camera da letto, che era senza serratura, e dormì a stento. Lui rimase fuori tutta la notte.
La mattina dopo arrivò un giornalista per un’intervista. Malcolm si rifece vivo mentre stavano ancora parlando, e Jane gli disse di ritornare più tardi. Quando ricomparve nel pomeriggio, fu molto affascinante e pentito, e naturalmente lei lo fece entrare. Ripartì il 10 luglio.
Jane raccontò a Nicola che a un certo momento, durante la visita, lui «si era ubriacato, diventando cattivo»; ma a quel punto avevano iniziato a venir fuori altri fatti inquietanti sul conto di Malcolm. Elliott aveva scoperto che non c’era stata nessuna morte a causa di un incidente a cavallo durante il Chew Magna Horse Show. «Fu quello il suo errore più grande, raccontarmi di come lui e la moglie morta avessero abitato a Chew Magna e di come lei fosse deceduta durante l’esibizione equestre», ha spiegato Nicola. «Se ci avesse detto che era morta in un incidente in moto, forse non avremmo mai scoperto la verità».
Allertato da Nicola, Robin, il fratello di Jane, aveva ingaggiato un detective privato per indagare sul passato di Malcolm. Aveva scoperto che la sua ultima moglie non era morta in un incidente a cavallo, ma di emorragia cerebrale; e nelle persone sotto i cinquant’anni che muoiono in quel modo, la causa più comune è una ferita alla testa. Aveva tre figli, non uno come diceva di avere; e due delle sue mogli – quella che era morta, più quella attuale da cui era separato – lo avevano denunciato alla polizia per violenza privata. L’investigatore parlò con diverse persone che lo avevano conosciuto, e le loro voci furono unanimi: stategli alla larga e non fate i nostri nomi.
Nicola sentì che Monkey sarebbe stata la persona più adatta per dirlo a Jane. Sarebbe dovuta arrivare a Londra il 12 luglio, prima di andare in vacanza con i McDowell un paio di giorni dopo. Monkey pensò che sarebbe stato meglio per lei digerire la notizia fuori casa, tra persone che si sarebbero prese cura di lei. Jane aveva intenzione di passare la notte da Selina, ma Monkey le chiese di passare prima da lui. La fece sedere, preparò del tè, e le disse: «Devo dirti delle cose molto brutte».
«Mi ascoltò con molta, molta calma; ed ebbi la sensazione che, pur rimanendo ovviamente molto scossa, non si trattasse di uno shock inaspettato». Dopo che Monkey le ebbe detto la verità, Jane andò da Selina per passare la notte e parlarono a lungo, finché Jane non ne poté più di piangere. «Una metà di lei era scioccata, inorridita e umiliata», dice Selina, «l’altra, piangeva disperatamente la perdita dell’uomo della sua vita».
Prima che se ne andasse, Jenner e Terry scrissero una bozza della lettera che Jane avrebbe dovuto spedire a Malcolm, e lei lo fece. Gli disse che era venuta a conoscenza di alcune cose sul suo conto e che non voleva più né vederlo né sentirlo, e di aver depositato una copia della lettera dal suo avvocato.
Nick McDowell e Sarah Raphael la presero e la portarono sull’isola di Ios, insieme alle loro bambine. «La nostra era inevitabilmente una casa che ruotava intorno alle necessità delle piccole», ricorda Nick. «Ma Jane si comportò con grazia e pazienza, e solo dopo che le bimbe furono andate a letto iniziò a parlare». Ammirò molto il coraggio con cui lei affrontò l’umiliante verità. Allo stesso tempo, «per me era straordinario vedere come Jane, donna dai grandi poteri, riuscisse a perderli tutti non appena compariva un uomo interessato a lei».
Mentre lei era via, Monkey rinforzò la porta della sua camera da letto con dei pesanti chiavistelli. Rendere inespugnabile l’intera casa era impossibile, ma almeno avrebbe potuto chiudersi in camera sapendo di essere al sicuro fino all’arrivo dei soccorsi. Quando Jane tornò a Bungay, mise da parte il suo romanzo in corso di stesura e ne iniziò un altro: si intitolava Falling (Perdersi).
Artemis Cooper