Personalità complessa, femminista e anticonformista ma anche vittima di un disperato bisogno d’amore, insicura almeno quanto capace di affascinare, vulnerabile ma estremamente determinata nel perseguire il suo sogno di diventare scrittrice, Elizabeth Jane Howard nacque nel 1923 da una famiglia altoborghese incapace di farla sentire amata e protetta. La turbolenza della sua vita sentimentale, come risulta dall’avvincente biografia fattane da Artemis Cooper (Elizabeth Jane Howard, Un’innocenza pericolosa) è ricollegabile proprio alla mancanza di certezze affettive che contrassegnò tanta parte della sua vita, vissuta dapprima accanto una madre sprezzante e a un padre che le mostrava attenzioni morbose, poi a uomini troppo presi da sé per poterla rendere felice.
In un articolo apparso nel 2016 sul Guardian, Hilary Mantel si chiede i motivi della sottovalutazione degli “splendidi romanzi” dell’autrice, in Italia recentemente riscoperta da Fazi Editore e diventata con La saga dei Cazalet un piccolo caso editoriale. L’articolo ipotizza, oltre a un probabile collegamento con le loro ambientazioni alto-borghesi, un pregiudiziale maschilismo legato sia alla irrequietezza sentimentale della Howard e alla scelta di abbandonare la famiglia per fare la scrittrice, sia alla sbrigativa etichettatura dei suoi romanzi come libri “sulle donne, scritti da una donna”, ipotesi confermate dalla Cooper, che chiosa con lo stupore da cui sarebbe colta l’autrice nello scoprire che oggi i suoi libri sono molto più richiesti di quelli dell’ex marito Kingsley Amis, dal quale in vita era stata ingiustamente oscurata.
Cambio di rotta (traduzione di Manuela Francescon), all’epoca della sua prima pubblicazione, nel ’59, fu molto ben accolto dalla critica. Il «The Sunday Times» lo incluse fra i migliori libri dell’anno, il «The Observer» lo definì, tra l’altro, “appartenente a tutti noi (…) non solo un libro per donne” mentre il Times Literary Supplement scrisse che confermava il posto della Howard “tra le più grandi autrici contemporanee”.
Il romanzo, da cui l’attrice Kristin Scott Thomas sta ricavando un film, è intriso di umorismo pungente quanto di malinconica consapevolezza dei limiti della natura umana, temperati però spesso da una dignità e da una pietas che, nei momenti più inattesi, emergono in tutta la loro forza sovversiva.
La trama, strutturalmente polifonica e caratterizzata da una magistrale simbiosi tra mondo interiore ed esteriore dei personaggi, è semplice quanto avvincente. Il matrimonio tra Emmanuel Joyce, celebre commediografo sessantenne, nostalgico del passato bohémien e marito premuroso, ma spinto dalla freddezza della moglie a una sistematica infedeltà, e l’affascinante Lilian, malata e ossessionata tanto dalla gelosia quanto dal mai superato dolore per la morte della figlioletta Sarah e l’incapacità di avere altri figli, sta attraversando una profonda crisi. Convivono coi due coniugi gli altri due coprotagonisti, l’assistente di Emmanuel Jimmy e la giovanissima segretaria Alberta, che si unisce agli altri in un secondo momento e che, con la sua candida grazia, arriva a conquistare il cuore di entrambi gli uomini. La narrazione si dipana tra tentati suicidi e audizioni, gelosie e segreti, crisi creative e variegati incontri, nel contesto dei teatri e delle gallerie d’arte londinesi, passando per New York sino ad approdare alla magica Atene dove, dopo un soggiorno a Hydra, si svolge l’epilogo. Un finale aperto al futuro, attraverso l’emergere della consapevolezza condivisa che un “cambio di rotta”, se davvero lo si vuole, è possibile, perché ogni fine reca in sé i germi di un “nuovo inizio”.
Lo stile è di una sinuosa quanto composta raffinatezza linguistica, fatta di frasi perfettamente cesellate, molte delle quali contenenti stringate ma non per questo meno acute riflessioni filosofiche. Uno stile attentissimo alla più piccola sfumatura emotiva, pur senza alcuna concessione al sentimentalismo, e a tratti di una trascinante potenza visionaria, come quando Emmanuel bambino, vittima delle ennesime farneticazioni del padre, scopre il potere dirompente delle parole e ha la salvifica premonizione del suo futuro:
PAROLE, PAROLE, PAROLE: NON SI SOFFERMAVA SUL LORO SIGNIFICATO, MA ERA COMPLETAMENTE AMMALIATO DAL LORO POTERE. POSSEDEVANO UNA SPECIE DI FORZA CHE SFIDAVA IL SUO INTELLETTO ANCORA ACERBO E APERTO AL NUOVO. (…) SI RICORDAVA DI ESSERSI GUARDATO LE BRACCIA E LE GAMBE ALLA RICERCA DI QUALCHE SEGNO, MENTRE BRANDELLI DELLO SPROLOQUIO DI SUO PADRE GLI VORTICAVANO IN TESTA COME FUOCHI D’ARTIFICIO. ADESSO SI SENTIVA GRANDE, GRANDE COME QUELLA STANZA: SE MUOVEVA UNA MANO, POTEVA FAR CROLLARE I MURI. (…) LE PAROLE, SE MESSE INSIEME COME SI DEVE, POTEVANO COPRIRE TUTTO, ARRIVARE DAPPERTUTTO. (…) GUARDÒ LE PROPRIE MANI E PENSÒ: «SCRIVERÒ PAROLE. LE USERÒ COSÌ». SENTÌ COME UN’ESPLOSIONE NEL CUORE…
Contenutisticamente il romanzo è una riflessione – caratterizzante del resto l’intera opera della Howard – sull’insopprimibile bisogno di amare come sulle difficoltà che comporta farlo, spietatamente lucida ma al contempo intrisa di “amorosa comprensione”.
Cambio di rotta individua e affronta magistralmente i nodi più problematici del rapporto di coppia, dalla difficoltà di riuscire a conservare nel tempo l’autenticità dei sentimenti e la capacità di ascoltarsi l’un l’altro, a quella di vivere accanto a una persona di successo; dalla devastazione prodotta dal lutto che, pur riavvicinando talora i superstiti (Lui l’ha pianta insieme a me e pian piano l’ha trasformato in un dolore normale – compatibile con la vita –) muta nel profondo gli equilibri interni alla coppia, trasformando il partner meno capace di distaccarsi dal passato da oggetto di desiderio a oggetto di compassione, alla paura più grande, quella che l’amore possa finire. Una paura che ha anche aspetti positivi perché talora dà la forza di rigenerare il rapporto, ed è accompagnata dalla consapevolezza, da sempre considerata un elemento identitario femminile e non a caso espressa da Lilian, che non si può pretendere di possedere qualcuno né lasciare che siano gli altri a pensare di possederci.
Ma c’è anche la carnalità del rapporto amoroso, descritta senza falsi pudori e con romantico struggimento, nel suo mutare sotto l’onda della gioia, della routine e del dolore, insieme alla dirompente forza emotiva dei nuovi amori e alla magica quanto crudele assolutezza della passione.
Ma Cambio di rotta è, anche e soprattutto, una riflessione sulla necessità di non arrendersi alla perdita di sé che deriva dall’affievolirsi di un altro tipo di amore, quello per la vita… Un amore che talvolta riemerge all’improvviso, lasciandosi però dietro, finché non si trova la forza d’instaurare un vero cambiamento, una più dolorosa consapevolezza di quanto si è perso. Emblematico un immaginifico passaggio, intriso di uno stupore che ricorda quello del Ciaùla pirandelliano mentre scopre la luna.
HO ALLUNGATO LA GAMBA ED È STATO ALLORA CHE MI HA INVASA UNA SENSAZIONE TRAVOLGENTE CHE NON RICORDAVO PIÙ. È COMINCIATA DAL PIEDE: NE SENTIVO LA LUNGHEZZA E IL PESO, SENTIVO GLI SPAZI TRA LE DITA, L’ACQUA A CONTATTO CON LA PELLE E IL SANGUE CHE SCORREVA SOTTO; POI L’ONDA SI È PROPAGATA ATTRAVERSO L’ARTICOLAZIONE DELLA CAVIGLIA E HA RISALITO TUTTO IL CORPO SENZA INCONTRARE OSTACOLI, FINO AI PALMI DELLE MANI PREMUTI CONTRO LA ROCCIA, FINO ALLE RADICI DEI CAPELLI, PIÙ DIRETTAMENTE ESPOSTE AL SOLE. HO ASSAPORATO LA SENSAZIONE, TUTTA NUOVA E INTENSA, DI SENTIRE LA MIA MANO O IL MIO PIEDE INVECE CHE SEMPLICEMENTE SAPERE CHE CI SONO: MI SONO SENTITA ALL’IMPROVVISO A CASA NEL MIO CORPO, E PER UN CERTO TEMPO SONO RIMASTA COSÌ, VIVA…
I personaggi sono affrontati con straordinarie empatia e capacità di comprensione, grazie a un’intelligenza definita da Angela Lampert “meravigliosa, sottile e dolorosa”.
Il sensibile Emmanuel è in crisi creativa, irritato dalle sue stesse infedeltà e senza più fiducia in se stesso. È spinto a dedicarsi alla moglie Lilian dal senso di responsabilità e dall’istinto protettivo, ma irresistibilmente attratto da Alberta che, oltre alla giovinezza, incarna ai suoi occhi l’imprevedibilità dell’immaginazione e l’innocenza potenzialmente salvifica. Dal canto suo la raffinata e nevrotica Lilian è schiava dell’immagine di sé che si è data, volta a “espiare la colpa” di non essere morta al posto di Sarah. La condizione per potersi aprire a una nuova vita è per entrambi il coraggio di guardare oltre se stessi e il “ruolo” che si sono assegnati.
Jimmy è il devoto tuttofare di casa Joyce che, dopo aver vissuto in orfanotrofio, ha trovato in Emmanuel un datore di lavoro/amico all’ombra del quale ha deciso di vivere. Ma la sua scelta dovrà fare i conti con l’imprevedibilità del destino che mette sulla sua strada Alberta la quale, proiettata in un mondo infinitamente diverso dal proprio, riesce a restare se stessa, conservando la sua spontaneità. E proprio grazie a ciò la ragazza – emblema di un’indole semplice e ingenua che attraeva la Howard in quanto incarnazione della “persona che sentiva di essere prima che i suoi errori la trasformassero in un’affascinante, scontenta donna fatale”, scrive Artemis Cooper – diventa lo strumento inconsapevole del cambio di rotta altrui, spingendo Lilian a superare la morte di Sarah, Emmanuel a guardare oltre il proprio egocentrismo di traditore seriale, Jimmy a dimenticare il passato che gli ha fatto credere di poter essere accettato dagli altri solo in quanto “utile” e a prendere in mano le redini della propria vita. La nuova consapevolezza che grazie ad Alberta sarà condivisa da tutti può forse riassumersi in una frase: Ci vuole molto amore per mettersi al di sopra dei proprio sentimenti.
Cambio di rotta di Elizabeth Jane Howard: l’empatico, struggente, impervio cammino verso gli orizzonti racchiusi tra le pieghe della vita.
Giorgia Rovere