Hsu Ming-Teo

Amore e vertigine

COD: a02ffd91ece5 Categoria: Tag:

Collana:
Numero collana:
82
Pagine:
260
Codice ISBN:
9788881125135
Prezzo cartaceo:
€ 16,00
Data pubblicazione:
08-07-2004

Traduzione di Simone Dal Pino Garzella

Tradotto in numerosi paesi, Amore e vertigine è l’esordio di una giovane scrittrice di grande talento e originalità che riprende la tradizione del romanzo familiare all’interno della letteratura post-coloniale asiatica. I mercati di Singapore, i villaggi rurali della Malesia, la baia di Sydney sono alcuni degli sfondi in cui si muovono i personaggi del romanzo di Hsu Ming-Teo, un viaggio attraverso spazi, culture, mondi diversi, con un occhio di riguardo per l’universo femminile, mai idealizzato ma descritto nella sua complessità psicologica ed emotiva. Amore e Vertigine descrive il lento disgregarsi di una famiglia originaria della Malesia che, emigrata in Australia, è costretta a una vicinanza reciproca e a un isolamento rispetto al mondo circostante che soffocano le speranze, gli entusiasmi, i sogni dei genitori e sviluppano nei figli desideri di fuga, indipendenza, trasgressione. L’amore si manifesta come coercizione; l’odio come liberazione. Ognuno dei membri della famiglia Tay, al centro del romanzo, ricerca senza successo il bene della persona cui si sente istintivamente più attaccato. La madre cerca l’amore del figlio; il padre della moglie; la figlia della madre. Un senso di solitudine domina il racconto, con i suoi silenzi, i tentativi di comunicare soffocati dalla violenza e dall’afasia del dolore. E l’esperienza dell’immigrazione di questi personaggi, estranei a se stessi e agli altri, scava il solco di un disagio ancor più insanabile, che li avvolge dentro casa e fuori. I Tay, troppo stretti, troppo uguali gli uni agli altri; troppo diversi rispetto a un mondo nuovo.

AMORE E VERTIGINE – RECENSIONI

Gabriella Grasso, COSMOPOLITAN
– 10/10/2004

 

Donne tra ieri e oggi

 

Nata in Malesia da una famiglia cinese, ma cresciuta a Sydney, Grace va al funerale della madre. Ma perché si sarà suicidata? Amore e vertigine è la storia molto autobioqrafica di una ragazza costretta a subire le regole di una tradizione antica.

Maria teresa Scarsellini, INTIMITÀ
– 23/09/2004

 

Una famiglia nella tempesta

 

È stato tradotto in vari Paesi e|a vinto un prestigioso premio letterario in Australia l’emozionante romanzo di esordio di Hsu-MingTeo, che raccontandoci il lento e inarrestabile disgregarsi di una famiglia cinese emigrata in Australia, ci guida attraverso spazi, culture, mondi lontani, ma sempre con una particolare attenzione per l’universo femminile. La giovane Grace torna a Singapore per partecipare al funerale della madre, che si è gettata nei vuoto oer sfuggire definitivamente a un destino avverso. Mei giorni de! -ulto. Grace ripercorrere le vicende dei genitori che, nati in famiglie cinesi tradizionali trapiantate ih Malesia, dopo aver conosciuto il furore razziale dei nazionalisti indonesiani musulmani, nel ’68 sono stati costretti a perpetuare questo destino di emigrazione in Australia, dove non sono mai riusciti a integrarsi e, nell’isolamento, hanno visto svanire sogni e speranze, mentre nei loro figli si alimentavano ribellioni e desideri di fuga e di trasgressione.

ch.p., IL GAZZETTINO
– 31/07/2004

 

Amore e vertigine

 

Esordio di una giovane scrittrice nata in Malesia nel 70 e trasferitasi in Australia: Hsu-Ming Teo racconta speranze, en¬tusiasmi e sogni di una famiglia che dalla Malesia si è trasferita a Sydney. Ogni personaggio cerca senza successo il bene della persona cui si sente più vicino: la mamma cerca l’amore del figlio, il padre quello della moglie, la figlia quello della madre. Un senso di solitudine domina tutto il racconto che spazia attraverso culture e mondi diversi, con un occhio attento all’universo femminile, mai idealizzato ma narrato nella sua complessità psicologica ed emotiva.

NOTES
– 01/08/2004

 

Tutto un equivoco

 

Ricordate il circolo della, fortuna e della felicita’. Dal libro di Amy Tan, Oliver Stone trasse un film che confermò non solo il successo della scrittrice cino-americana, ma anche di un genere che negli ultimi anni si è diffuso a dismisura. Quello degli equivoci cross-culturali, la cui nota dominante è l’ironia. Il romanzo della giovanissima Hsu Ming-Teo, australiana di origini malesi, si sintonizza sulle stesse lunghezze d’onda (anche se a latitudini diverse), ma vi aggiunge una profondità che fa di Amore e vertigme un libro insieme esilarante e tragico, profondo e leggero, intelligente e sarcastico. Insomma, un imperdibile romanzo delle identità confuse. Attraverso la storia di Grace, che torna a Singapore per il funerale della madre (suicidatasi con un volo dalla finestra), ripercorriamo infatti la storia dei cino-malesi. Prima durante l’invasione giapponese, e poi con il pogrom dei musulmani che costrinse molti di loro a immigrare nella vicina (e ostile) Australia. Una storia familiare di violenze e, incomprensioni. Ma anche l’estremo e fallimentare tentativo di comunicare tra generazioni distanti anni luce. E a quel fallimento la scrittrice riesce a imprimere un valore universale: «intrecciavamo i nostri rancori un filo dopo l’altro e ce li avvolgevamo come coperte attorno alle spalle, stringendoli forte per non farli cadere ed esporci al rancore, al dolore e a tutto il dannato patire della vita».

Renzo S.Crivelli, IL SOLE 24 ORE
– 19/09/2004

 

Storia di Grace e dell’illusione di Pandora

 

Alla veglia di Pandora Lim, cinese di Singapore ribattezzata con un nome mitologico preso dal Reader’s Digest dopo il ritorno della colonia agli inglesi nel 1945, si riuniscono le affollate famiglie dei Lim e dei Tay, separate da anni in seguito all’emigrazione in Australia del gruppo di Jonah Tay, odontotecnico ed erede d’un facoltoso commerciante di caucciù. Pandora si è uccisa, gettandosi da un balcone, durante un soggiorno a Singapore, dopo essere tornata, ormai quasi cieca ed anziana, nella terra natia alla ricerca della propria infanzia, il suo suicidio rappresenta il tragico epilogo d’una complessa crisi di identità, di lei donna cinese in un mondo ostile come quello anglofono di Sydney, culminata con il fallimento del suo matrimonio accanto a Jonah: un uomo autoritario ed insensibile, un vero Patriarca, come è stato soprannominato, possessivo anche con i figli Sonny e Grace.
La veglia riunisce due rami famigliari che ormai hanno poco in comune, se si eccettua la lìngua inglese, con cui le ultime generazioni si sono identificate culturalmente seguendo un impulso consumistico che le ha portate a gravitare nel mondo occidentale delle griffes, in un universo in cui brillano gli astri dei McDonalds, della Coca Cola o dei tacchi a spillo Ferragamo. E proprio in quella cerimonia che dovrebbe, secondo un precisò contesto religioso, rinfocolare le tradizioni culturali cinesi in,un paese rafforzatosi, dopp l’occupazione giapponese, nel cono d’ombra della civiltà britànnica (e il famoso Raffìes Hotel, al centro di Singapore, è rimasto a testimoniare fasti coloniali imprescindibili), avviene un fatto eclatante, il cui valore simbolico indica la definitiva rottura tra presente e passato. Sonny, impugnando minaccioso una vecchia tromba bronzea, distrugge, clamorosamente il grande acquario dello zio Winston,.contenente il Dio Merluzzo, protettore de_l casato dei Lim.
Quel gesto, fortemente dissacratorio (il Grande Merluzzo volerà dalla finestra come la parodia d’un aquilone), ha lo scopo di stigmatizzare l’impossibile convivenza tra le vecchie e le nuove generazioni, in una prospettiva in cui la perdita delle radici genera fantasmi ed inquietudini difficilmente confessabili. E a testimoniarlo, in una narrazione fitta e talvolta struggente, è Grace Tay, la protagonista di Amore e vertigine, il bel romanzo postcoloniale d’esordio di Hsu-Ming Teo, giovane scrittrice australiana di origine malaysiana (classe 1970). Grace, di cui ci vengono forniti i tratti inquieti, patologicamente legati ad una enuresi infantile persistente, è stata rifiutata alla nascita dalla madre (proprio Pandora, la sognatrice sconfitta), che l’ha partorita controvoglia («nacqui in mezzo alla sua distrazione»). E quel trauma l’ha indotta a ripercorrere mezzo secolo di storia famigliare, soffermandosi sulla difficile, sofferta integrazione culturale della sua comunità cinese, che non prevede neppure la trasmissione della lingua (Thokkien o il teochew) e che ha portato i Tay all’abbandono della religione dei padri e all’adesione alla Chiesa Cristiana Pentecostale di Sydney.
Amore e vertigine è la storia d’un desiderio di appartenenza infranto, e di una disperata ricerca d’amore in una famiglia di estranei; una ricerca che simboleggia la diaspora cinese tra i due bordi dell’Oceano Indiano. La vertigine cui si allude nel romanzo è quella dell’innamoramento e dell’illusione di Pandora, che si assomma, nel finale, alla vertigine che dall’ultimo piano la fa scivolare giù nel buco nero della morte. La sua rinuncia alla speranza, però, non sarà inutile. Grace, infatti, proprio ripercorrendo le tappe della degradazione della madre, sentirà nuovamente il bisogno di essere se stessa nella patria d’origine.

Maria Teresa Carbone, IL MANIFESTO
– 22/07/2004

 

Le scatole cinesi di Pandora

 

Almeno all’apparenza appartiene ai filone sempre più nutrito delle saghe familiari multietniche declinate al femminile Amore e vertigine (Fazi, pp. 254, euro 16), romanzo d’esordio dell’australiana HsuMing Teo, famiglia di origine cinese, un’infanzia trascorsa tra la Malaysia e Sydney. Ma a una lettura più attenta il libro che verrà presentato dall’autrice stessa questo pomeriggio alla Libreria Feltrinelli di Torre Argentina a Roma rivela non poche dissonanze rispetto al modello consolidato, spesso incentrato sui tema della solidarietà femminile. Già a partire dallo spunto che da avvio al romanzo, la veglia funebre di Pandora madre suicida della giovane Grace (che da la sua voce alla narrazione) e perno dell’intero racconto , HsuMing Teo appare interessata a indagare soprattutto i rapporti di potere e il peso dei ricatti affettivi all’interno di un clan familiare al tempo stesso chiuso e slabbrato, che rispecchia Te contraddizioni di una cultura divisa fra la devozione ai riti e alle tradizioni del paese d’origine e il fascino «esotico» del mondo occidentale, che prende di volta in volta la forma delle poesie rinascimentali inglesi, degli amatissimi film hollywoodiani o delle scarpe di Ferragamo, simbolo del lusso e dell’integrazione.
«In:effetti conferma l’autrice quando ho scritto il libro, il tema che mi interessava esplorare era soprattutto quella che si potrebbe definire come “la catena degli abusi”, una catena che si tramanda nel tempo, da una generazione all’altra, ti che vede la vittima trasformarsi a sua volta in persecutore. E’ questo il caso di Pandora, che dopo avere subito per tutta l’infanzia e la giovinezza il peso dell’oppressione della propria “famiglia prima, e di quella della famiglia del marito poi,non esita appena le si presenta l’occasione a vendicarsi e a esercitare il proprio potere con brutalità».
Questa scelta sembrerebbe quindi sfatare l’idea un po’ consolatoria che le donne sappiano trovare un equilibrio comune, un rapporto di complicità e di affetto: «Se da un lato io non credo che esista una persona che è “pura vittima” osserva HsuMing Teo dall’altro lato è evidente che questi meccanismi sono fortemente legati al sistema patriarcale, al potere maschile. All’interno di questo sistema le donne sono in certo senso costrette a dedicare tutte le loro energie per esercitare, anche e soprattutto nei confronti delle altre donne, almeno una piccola porzione di potere».
Della posizione dominante del maschio nella cultura cinese (e non solo in quella), HsuMing Teo è comunque perfettamente consapevole «mia nonna mi ha detto più volte che avrebbe preferito se fossi stata un maschio perché “gli uomini valgono di più”» ma al tempo stesso prevede in tempi brevi una grande trasformazione: «Almeno per quanto riguarda la Repubblica popolare cinese, la politica del figlio unico sta portando cambiamenti del tutto inattesi: a causa della scelta di molte famiglie di avere un maschio, oggi c’è una forte sproporzione numerica fra uomini e donne, con il risultato che le donne si trovano in una imprevista posizione di forza e possono quindi permettersi di essere molto più selettive».
Sono insomma passati i tempi in cui una donna che provava a ribellarsi al marito veniva picchiata a sangue e costretta alla sottomissione, come accade in Amore e vertigine alla madre di Pandora, Mei Ling. Pure, il senso della tradizione è ancora oggi molto vivo, sia nella mainland China, sia fra le varie comunità della diaspora. E il romanzo di HsuMing Teo ne è indirettamente una conferma: «Per le vicende di cui parlo nel mio libro, ho attinto, sia pure non in forma autobiografica, al background delie famiglie dei miei genitori, dei miei nonni, di altre famiglie del loro ambiente. In realtà, più che le loro storie, mi interessava analizzare i loro traumi, capire quanto la migrazione avesse inciso sulla loro vita. Insomma, pensavo di avere scritto una storia sulle comunità cinesi trapiantate a Singapore, in Malaysia e in Australia. Ma ho poi saputo che anche in Cina diverse persone che hanno letto il mio libro ci hanno ritrovato frammenti dei loro ricordi, della vita delle loro famiglie».
Ben diversa è stata l’esperienza personale dell’autrice: «Da quando ci siamo trasferiti in Australia, nel 1977, mio padre ha voluto che non parlassimo più cinese. L’abrogazione della White Australia Policy [la politica che ha di fatto precluso per molti anni, dalla fine della seconda guerra mondiale fino al 1966 l’accesso all’Australia agli immigrati di origine asiatica, ndr] era ancora un fatto recente, e lui temeva che, in quanto cinesi, saremmo stati discriminati, e ha insistito perché ci integrassimo il più possibile nella società australiana, puntando soprattutto e questo rispecchia una mentalità molto cinese sull’istruzione. Ma la situazione oggi è completamente diversa: le grandi ondate di immigrazione dal SudEst asiatico hanno dato origine alla formazione di comunità separate, addirittura di ghetti».
E proprio dell’importanza crescente che hanno oggi in Australia i diversi gruppi etnici parlerà il nuovo romanzo che HsuMing Teo sta finendo di scrivere: «Se nel primo mi sono occupata delie famiglie “disfunzionali», al centro di questo nuovo libro ci sono le amicizie “disninzionàfi”».

Mauretta Capuano, GAZZETTA DEL SUD
– 20/07/2004

 

Un’odissea sentimentale tra “Amore e vertigine”

 

La storia di una famiglia fra Singapore, la Malesia e l’Australia. Il desiderio sempre insoddisfatto di essere amati. La vita di una ragazza che deve confrontarsi con il suicidio della madre. “Amore e vertigine” (Fazi, pp 252, euro 16,00) – il fortunato romanzo d’esordio di Hsu-Ming Teo, 34 anni, originaria della Malaysia, dal 1977 trasferita in Australia – arriva ora in Italia nella traduzione di Simone Dal Pino Garzella. Vincitore dell’Australian/Vogel Literary Award, definito da The Australian “un esordio emozionante” è una saga familiare con un impianto originale e una grande delicatezza nell’immergersi nelle sfere emotive dei personaggi. Al centro della storia troviamo la giovane Grace Tay lasciare in fretta e furia Sydney verso un’alienata Singapore dove si svolgeranno i funerali della madre, Pandora Lim, morta suicida. Ed è proprio la vertiginosa caduta nel vuoto di Pandora a spingere Grace a ripercorrere la storia della sua famiglia segnata da un destino di immigrazione. “Lui faceva del suo meglio, e in questo era persino eroico, perché il solo atto di emigrare aveva spaventato a morte un uomo, come lui, atterrito dai cambiamenti. Attraversare la soglia che divide ciò che è familiare da ciò che è sconosciuto non era stato un passo facile per questo riluttante Ulisse cinese” afferma l’autrice nel preludio al libro dedicato ai miti della sua famiglia che “mescolano verità e menzogne”. Nati in famiglie cinesi tradizionali trapiantate in Malesia, i genitori di Grace, Jonah Tay e Pandora Lim, sono destinati a ripetere in Australia questo destino di emigrazione quando conoscono il furore razziale dopo l’esplosione del nazionalismo indonesiano musulmano nel ’69. Grace ha un fratello, Sonny, concepito nel ’68 quando nel mondo stavano accadendo eventi importantissimi: “La Primavera di Praga, i giorni del Maggio parigino dove i sindacalisti scioperavano e gli studenti affermavano che era vietato vietare, le marce per i diritti civili e la morte di Martin Luther King, il massacro di My Lai in Vietnam e la strage dei dimostranti a Città del Messico poco prima dell’inizio dei giochi olimpici dei ’68”. E quando nacque, nel ’69, stavolta scoppiò la violenza in Malesia. Di tutti i componenti della famiglia la giovane scrittrice traccia un ritratto che scava nelle pieghe più profonde ma il più toccante è quello della madre, amata e odiata e della quale ha sempre cercato l’amore senza ottenerlo. “La nostra famiglia – dice Grace – era condannata all’umiliazione di elemosinare pateticamente l’amore e l’attenzione dell’unico membro che ce lo rifiutava. La mamma voleva quello di Sonny, Sonny voleva quello del Patriarca, il Patriarca voleva quello della moglie e io volevo quello di mia madre. Rimanemmo su questa giostra per tutta la vita, a inseguire l’amore che avevamo davanti ma senza mai raggiungerlo, e senza mai guardarci indietro per vedere chi avrebbe potuto offrircelo, finché non fu troppo tardi”. Ma alla fine Grace riuscirà a trovare la pace che ha sempre cercato quando raggiunge il padre ormai vecchio, “fantasma affamato”, e capisce che è possibile “assolvere con i vivi i debiti che abbiamo con i morti”.

Maria Serena Palieri, L’UNITÀ
– 21/07/2004

 

L’amore ai tempi della globalizzazione

 

Amore e vertigine di Hsu-Ming Teo è un romanzo d’esordio sorprendente: la storia che racconta è ricca e disposta secondo una struttura abile che parte dal finale e procede, poi, con un lungo flashback per ricongiungersi infine a quell’epilogo e, scavalcandolo, piazzare i piedi nel presente. La sorpresa consiste nel fatto che questo, pubblicato quando era appena trentenne, nel Duemila, è il primo esperimento di fiction di Hsu-Ming Teo: di professione storica, abituata alla saggistica, in antecedenza aveva pubblicato solo un racconto su una rivista femminile. Amore e vertigine ha vinto il Vogel Literary Award australiano e, prima che in italiano, è stato tradotto in tedesco, cinese, tailandese, mentre ha raggiunto anche il mercato di lingua inglese di Usa e Gran Bretagna.
Hsu-Ming Teo – l’incontriamo a Roma – è una donna minuta senza l'”imperturbabilità” che, anche nel suo romanzo, i bianchi annettono alle femmine orientali: ha occhi trasparenti anziché enigmatici. Cinese, è nata a Singapore, ma dal 1977, emigrata con la famiglia a Sydney, è diventata australiana. In Amore e vertigine (Fazi editore, traduzione dall’inglese dì Simone Dal Pino Garzella, pagg. 254, euro 16) ci porta nel cuore della tematica più attuale: come la sua famiglia, quella del romanzo, i cinesi Tay, padre dentista, madre casalinga, due figli, migra nel ’78 da Singapore e si stabilisce nella modernissima città australiana. Della globalizzazione e dell’incontro tra culture, fenomeni dei quali leggiamo in genere in termini di macrostrategie economiche, il romanzo ci fa vivere nella pagina ogni scoperta e ogni asperità. E se ci riesce, pur parlando d’un mondo geograficamente ai nostri antipodi, è perché la tematica del romanzo ci concerne tutti: è l’impossibilità di vivere senza amore.
Il romanzo comincia e si conclude con il suicidio dì Pandora Lin, la protagonista. E’ una donna nata in anni di guerra nella Singapore occupata dai giapponesi, rifiutata dalla madre perché non era il maschio sperato, affidata a una zia, usata come una piccola schiava un po’ da tutti, ma bella. Quel nome, del quale i cinesi ignorano la potenzialità nefasta, le è stato affibbiato quando sono tornati gli inglesi, come ai fratelli gli improbabili Donald Duck (!) e Winston. E, quando Jonah Tay, cinese nato in Malesia, erede d’una discreta ricchezza in piantagioni di caucciù, la vede, decide all’istante di sposarla. E’ un matrimonio cinese, con la moglie sottomessa, è un matrimonio nuovo però, per il sogno d’amore che entrambi coltivano, è un matrimonio percosso poi in Australia dalle sfide della modernità, il cinema hollywoodiano coi miraggi che regala, il consumismo, e, per colmare la misura, un improbabile e spettacolare cristianesimo carismatico che irrompe in famiglia e cancella la religione tradizionale con le sue infinite e grottesche superstizioni.
Quanto c’è di autobiografico, chiediamo a Hsu-Ming Teo, nella storia che racconta? “Poco: ci sono pezzi di vita ed episodi , accaduti a parenti e amici, che, ho scoperto, quando si scrive un romanzo si
presentano alla mente e si accampano nella trama. La mia famiglia è molto riservata, se avessi scritto di loro sarebbe stato come dichiarare l’inizio delle ostilità. Mia madre, nella realtà è lei che è dentista, mentre mio padre è medico, è una donna a suo agio nel mondo, allegra, ed è una grande narratrice di fatti del passato” replica. Pure, aggiunge, c’è qualcosa che lega lei, trentaquattrenne emancipata (nel suo romanzo il sesso, sotto forma di masturbazione, irrompe come un deflagrante disturbo fin dalle prime pagine) alla Pandora nata in una Singapore ancora arcaica: sua nonna paterna l’ha sempre cassata dai suoi affetti, perché non era un maschio, così come fa, nel romanzo, l’orribile madame Tay, madre di Jonah, con la nipotina Grace.
L’altra possibile traccia di qualcosa di autobiografico, nel bosco ricco di questa narrazione, è la coincidenza cronologica: i Tay emigrano nel ‘78, voi nella realtà l’avete fatto un anno prima. “E’ il mio occhio di storica che ha vinto: i Sessanta e i Settanta sono stati effettivamente gli anni della grande emigrazione cinese da Singapore. Dunque, quella dei Tay è una storia familiare dentro una vicenda più grande” spiega Hsu-Ming Teo.
A noi lettori di quest’altra parte del mondo il suo romanzo comunica uno shock temporale: racconta un mondo, Singapore, che in cinquant’anni passa dal medioevo alla modernità assoluta, un mondo, coi suoi legami, le sue superstizioni, le sue povertà, le sue sporcizie, drasticamente “esotico” fino agli anni Settanta, poi omologo al nostro. La sua protagonista, Pandora Lin, si suicida perché vive in una sola vita quella di dieci generazioni, da bimbetta succube di un ordinamento patriarcale a donna emancipata con l’amante? “In effetti dal 1965, con l’andata via degli inglesi, il primo ministro Lee Kuan Yew impose a Singapore una modernizzazione forzata, spesso grottesca, spinse il pedale sull’acceleratore. Ma intanto, in molte case, permaneva uno stile di vita pre-moderno. Io non so perché Pandora si sia uccisa. Forse anche per questo. So che Pandora era un disastro che doveva succedere. E, com’è nella vita, dopo il suicidio tutti s’interrogano sul perché senza arrivare a una risposta. E’ successo a me con la zia cui ho dedicato il libro, Siew-Choo Lai, che s’è uccisa nel 1978.”
Di cosa parlerà il suo prossimo romanzo? “Delle disfunzioni legate all’amicizia. Si chiama Dietro la luna e spero di pubblicarlo nel 2005″.
Lei è storica, ma d’una specie un po’ particolare: nelle sue ricerche per l’università di Sydney, dicono i suoi dati biografici, ha studiato la storia dell’amore in Occidente. Cosa significa? “Significa che ho studiato epistolari amorosi del diciannovesimo e ventesimo secolo, l’etichetta in questo campo e i costumi sessuali. Sono arrivata fino ai manuali di self help di oggi, come quello di John Gray, Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere. Non che sia un libro da prendere sul serio, ma mostra come cambino i modi dell’amore. Le emozioni sono uguali sempre e dappertutto, ma gli stilemi mutano. Quello che emerge è che un tempo si insegnava come comportarsi, oggi si insegna quali sentimenti è necessario provare”.
Il sogno d’amore, un amore libero ma anche lungo una vita, è una delle utopie dell’Occidente, nel Novecento. Questa specie di follia ha contagiato, oggi, anche l’Oriente? “Sì, oggi è lo stesso. La differenza è che da noi, fino a poco tempo fa, l’amore non era un’utopia, era un accidente. Sposavi chi ti dicevano di sposare. Per accidente poteva capitare che fosse la persona che amavi”.

Giuseppina Rocca, IL MESSAGGERO
– 21/07/2004

 

Il femminismo non abita a Pechino

 

Ha un’aria romanticamente “a mandorla”, dolcissimo sguardo dagli occhi scuri su un corpo minuto. Il suo libro Amore e vertigine ha conquistato questo mondo e quell’altro: l’Occidente e l’Oriente dove è diventato un best-seller. Hsu-Ming Teo, 34 anni, cinese della Malesia, emigrata all’età di sette anni in Australia è l’ultima rivelazione di una cultura che, dopo il Leone d’argento, nel 1991, al regista Zhang Yimou per Lanterne rosse e il Nobel conferito a Gao Xingjian nel 2000, si sta imponendo a un pubblico in cerca di storie che svelino paesi e costumi lontani. Hsu-Ming Teo ha una specializzazione universitaria sull’amore nella letteratura, soprattutto Europea. Anche nel romanzo appena pubblicato da Fazi (254 pagine, 16 euro), Pandora, la protagonista, trova sollievo ai suoi malanni interiori, meditando nei pomeriggi caldi – interrotti dal tuono dei temporali equatoriali -, nel leggere frammenti di sonetti di poeti rinascimentali, che hanno il potere di farle sentire sul proprio corpo “quella stretta dolorosa che l’amore ha sulle emozioni”. Pandora vuole innamorarsi e desidera che sia per sempre, proprio come promesso da Nat King Cole al cinema. S’innamora, o almeno lo crede, anzi lo spera, di Jonah, un giovane dentista benestante. Si sposano e percorreranno insieme le tappe di una vita insoddisfatta. Pandora , finirà per suicidarsi, oppressa da un disagio insanabile che non trova sponde né dentro, né al di fuori della famiglia. Un racconto dominato dalla solitudine, dallo sradicamento, dall’incomunicabilità tra i numerosi personaggi che affollano le sue giornate, sia nel brusio dei mercati di Singapore che nei villaggi rurali della Malesia o nella baia di Sydney, dove Pandora, espatriando, spera finalmente di trovare una impossibile pace.

Nel suo libro la donna non ha voce, colpisce per la sua sottomissione all’uomo…

“Certamente le donne in Cina vivono in una condizione ancora patriarcale, troppo oppressiva. Senza dubbio chi di loro ha letto il mio romanzo si è identificata nella protagonista. Di Pandora ce ne sono tante, ma non solo in quell’area del mondo, credo. E’ un fenomeno molto più comune di quanto si pensi, Per esempio, tra le tante lettere, ne ho ricevuta una da una ragazza polacca la quale mi confessava di vivere in una condizione simile”, risponde Hsu-Ming Teo di passaggio a Roma dove domani, alla Feltrinelli di piazza Argentina (ore 19), sarà presentato il suo libro.

Qual’è il suo ruolo dentro la famiglia?

“La sottomissione in effetti va al di là del legame con l’altro sesso, esiste anche nei confronti delle donne del clan più anziane. In casa i rapporti sono di natura gerarchica: dal più grande al più piccolo, dal più importante in giù. Questo ordine è riconducibile al concetto di confucianesimo in cui la famiglia è la base della società e lo stato viene concepito come una grande famiglia. I riti e il rispetto dell’autorità (solo l’amicizia ha carattere paritario) assicurano l’armonia e l’ordine sociale che ad alto livello viene garantito dall’imperatore. L’elemento di distinzione di una famiglia cinese rispetto all’Occidente è il rispetto dei membri per il prossimo e per gli anziani”.

La sua è una storia che, ha inizio con l’occupazione giapponese, ma si svolge soprattutto negli anni Sessanta – Settanta quando lei cresce. Ma anche a quel tempo sembra di essere nell’Ottocento. Da allora è successo qualcosa, c’è un femminismo che ha cambiato la società?

“La questione femminista è ancora tutta da percorrere. Non c’è stata una grande evoluzione nei costumi. Per ora, la differenza con prima è nel fatto che molte donne cinesi sono uscite allo scoperto, hanno pubblicato libri per raccontare e raccontarsi, attirando l’attenzione su di loro.
Quando il messaggio comincia a filtrare all’esterno, prima o poi c’è un cambiamento: per quanto ne so io dai racconti delle mie coetanee che vivono a Pechino o Shanghai o si trasferiscono in Australia, la struttura familiare è rimasta solida, molto simile al passato. L’elemento che distingue una donna cinese è quello di non sentirsi mai vittima delle circostanze o delle persone”.

Come spiega il grande interesse dell’Occidente per la Cina?

“E sempre stata oggetto del desiderio proibito, così lontana e diversa, così esotica da esserne inevitabilmente attratti. E’ una curiosità ricambiata. Anche da me: a partire dai primi anni dell’università mi sono interessata alla letteratura amorosa del XII secolo, in particolare al concetto di “amor cortese” cosi come è stato sviluppato in Francia”.

Quali sono stati i punti di riferimento della sua formazione?

“Petrarca e Dante. I sonetti di Shakespeare ritengo siano stati uno dei momenti più alti della letteratura mondiale di lutti i secoli”. E forse, come per Pandora, hanno rappresentato per lei una porta dorata, da aprire nei momenti di solitudine. Quella stessa solitudine che attraversa il romanzo e che la spinta a scavare nella memoria.

Maria Tiziana Lemme, IL MATTINO
– 21/07/2004

 

Hsu-Ming Teo, la vertigine degli sradicati

 

Parla a voce bassa, quasi un soffio o un sussurro. Altro tono, invece, Hsu-Ming Teo ha usato per il suo romanzo d’esordio, Amore e vertigine, pubblicato in Australia nel 2000 da Allen and Unwin, tradotto in Cina, Germania, Usa, Grati Bretagna, Thailandia e ora in Italia per Fazi (pagg. 250, euro 16). Per raccontare una storia familiare, non proprio la sua, ma molto vicina a essa o comunque a una famiglia-tipo orientale emigrata nel Nuovo Mondo, Teo ha usato un tono deciso, poco sommesso, fatto di frasi brevi come una short story.
Nata in Malaysia nel 1970, a cinque anni si e trasferita con la famiglia in Gran Bretagna, e due anni dopo in Australia. Tra Singapore e Sydney ambienta una storia paragonabile a quella narrata da Elena Ferrante ne L’amore molesto. Questa è la storia di Grace, figlia di Pandora, che ritorna al paese d’origine per il funerale della madre, la quale si è buttata dall’ultimo piano di uno dei più rinomati alberghi della città. E’ l’occasione per ripassare fatti e persone della sua famiglia, zii e zie, domestiche e vicini, miserie e fame di un paese prima sottomesso all’occupazione giapponese poi al ritorno colonialista britannico fino all’esplosione del nazionalismo indonesiano musulmano nel 1969, col furore razziale contro cinesi. Per scansarlo, e soprattutto per scansare l’intromissione della suocera nella sua famiglia, Pandora chiede al marito Jonah di andare via. L’uomo impiega sei anni per decidere; infine parte. I Tay si trasferiscono a Sydney. Non avranno buona vita: la madre si chiude in un silenzio di ghiaccio, il padre prorompe come un autoritario; Grace si estranea sempre di più, suo fratello Sonny va via di casa. Morta Pandora, Grace comprenderà infine che per assolvere ì debiti coi morti occorre farlo con i vivi.
Ricercatrice di Storia Moderna alla Macquarie University di Sidney, Hsu-Ming Teo dice che ha cominciato a scrivere perché non sapeva che cosa fare, completato il dottorato. “Mi sentivo persa. Ho cominciato nel ’98”. Prima di Amore e vertigine, aveva scritto un racconto per una rivista femminile. Il suo primo romanzo ha avuto successo. Ha vinto nel ’99 The Australian/Vogel Literary Award, ma, dice, “non mi ha cambiato la vita. Perché ho sempre scritto. L’unica differenza è che adesso tutti vogliono fotografarmi”. Più che orientale si sente australiana, a tutti gli effetti. “Sono legata alla mia famiglia, ma casa mia è Sydney. Quando vado via mi manca, e quando torno, e la vedo dall’alto, dal finestrino dell’aereo, mi emoziono”. Come storica ha specializzato le sue ricerche sul tema dell’amore nella cultura anglofona. Infatti ha quasi terminato il suo secondo romanzo, Behind the moon (“Dietro la luna”: è la storia dell’amore in Australia. Lei, almeno, lo definisce così.)

L’ARENA
– 23/07/2004

 

Una saga familiare in Oriente

 

La storia di una famiglia fra Singapore, la Malesia e l’Australia. Il desiderio sempre insoddisfatto di essere amati. La vita di una ragazza che deve confrontarsi con il suicidio della madre. “Amore e vertigine” – il fortunato romanzo d’esordio di Hsu-Ming Teo, 34 anni, originaria della Malaysia, dal 1977 trasferita in Australia – arriva ora in Italia nella traduzione di Simone Dal Pino Garzella.
Vincitore dell’Australian/Vogel Literary Award, definito da TheAustralian “un esordio emozionante” è una saga familiare con un impianto originale e una grande delicatezza nell’immergersi nelle sfere emotive dei personaggi. Al centro della storia troviamo la giovane Grace Tay lasciare in fretta e furia Sydney verso un’alienata Singapore dove si svolgeranno i funerali della madre, Pandora Lim, morta suicida. Ed è proprio la vertiginosa caduta nel vuoto di Pandora a spingere Grace a ripercorrere la storia della sua famiglia segnata da un destino di immigrazione. “Lui faceva del suo meglio, e in questo era persino eroico, perché il solo atto di emigrare aveva spaventato a morte un uomo, come lui, atterrito dai cambiamenti. Attraversare la soglia che divide ciò che è familiare da ciò che è sconosciuto non era stato un passo facile per questo riluttante Ulisse cinese” afferma l’autrice nel preludio al libro dedicato ai miti della sua famiglia che “mescolano verità e menzogne”.
Nati in famiglie cinesi tradizionali trapiantate in Malesia, i genitori di Grace, Jonah Tay e Pandora Lim, sono destinati a ripetere in Australia questo destino di emigrazione quando conoscono il furore razziale dopo l’esplosione del nazionalismo indonesiano musulmano nel ‘69.
Grace ha un fratello, Sonny, concepito nel ’68 quando nel mondo stavano accadendo eventi importantissimi: “la Primavera di Praga, i giorni del Maggio parigino dove i sindacalisti scioperavano e gli studenti affermavano che era vietato vietare, le marce per i diritti civili e la morte di Martin Luther King, il massacro di My Lai in Vietnam e la strage dei dimostranti a Città del Messico poco prima dell’inizio dei giochi olimpici del ’68”. E quando nacque,nel ’69, stavolta scoppiò la violenza in Malesia. Di tutti i componenti della famiglia la giovane scrittrice traccia un ritratto che scava nelle pieghe più profonde ma il più toccante è quello della madre, amata e odiata e della quale ha sempre cercato l’amore senza ottenerlo.
Ma alla fine Grace riuscirà a trovare la pace che ha sempre cercato quando raggiunge il padre ormai vecchio, “fantasma affamato”, e capisce che è possibile “assolvere con i vivi i debiti che abbiamo con i morti”.

Hsu-Ming Teo, “Amore e vertigine”, Fazi, pp.252, euro 16

Amore e vertigine - RASSEGNA STAMPA

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