Lynne Sharon Schwartz
Giochi di infanzia
Traduzione di Stefano Tummolini
Renata e Claudia sono due gemelle indivisibili che vivono alla periferia di New York, unite da un linguaggio segreto, incomprensibile a tutti gli altri. Si amano alla follia, l’una è lo specchio dall’altra. Si cullano felici nel loro mondo immaginario finché un giorno un evento apparentemente insignificante non cambia irrimediabilmente le loro vite: dal salvadanaio in cui le bambine tengono i loro risparmi scompare una banconota da venti dollari. Renata viene accusata dell’ignobile furto. Questo scandalo incrina drammaticamente il loro rapporto, provocando una reazione a catena dalle conseguenze tragiche, inspiegabili, che distruggerà per sempre la loro famiglia…
Popolato di personaggi splendidi, illuminanti spunti linguistici (Renata è una linguista spietata che non perdona al Presidente il suo assalto alla lingua) e momenti di pura magia, Giochi d’infanzia è una riflessione profonda e commovente, emozionante e coinvolgente, sull’impossibilità di comunicare le nostre tragedie più profonde e ancor meno quelle collettive.
«Lynne Sharon Schwartz è unica: va oltre la letteratura e la filosofia per arrivare alla verità nuda e cruda».
«New York Times»
«Intellettualmente stimolante ed emotivamente acuto».
«Publishers Weekly»
«La Schwartz rievoca l’atmosfera dei giorni seguenti all’attacco con una lucidità impareggiabile».
«Kirkus Review»
«Giochi d’infanzia è il primo romanzo a fondere lo shock dell’11 settembre con le esperienze personali di un personaggio indimenticabile. Le parole di Lynne Sharon Schwartz valgono più di mille immagini».
Dan Wakefield
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Giochi d’infanzia
”Di fronte al microscopio, ogni grandezza appare disperata, completamente priva di senso. La minuzia delle singole parti è assai più impressionante della monumentalità del tutto”. Così, di fronte all’immagine delle tori gemelle che crollano (e che continuano a crollare sugli schermi di tutto il mondo imponendosi a forza come tragedia unica della storia recente: “il nostro film catastrofico preferito”, scrive l’autrice), la piccola americana Lynne Schwartz sposa la tesi di Philip Roth e pensa alle tonnellate di carta che volteggiano come pioggia nel cielo in fiamme sopra Manhattan. Tra queste, una banconota da venti dollari finisce in mano a Renata, trentenne atarassica dal passato oscuro che quella mattina sta attraversando il ponte di Brooklyn per rifugiarsi nella biblioteca dove lavora. Il furto di quei venti dollari, molti anni prima, aveva causato la rottura con la gemella Claudia e una perversa discesa agli inferi di tragedie familiari: la morte della ragazza stessa, la scomparsa della figlia partorita giovanissima, il suicidio del padre, il delirio manicomiale della madre. Renata pratica da allora un rigoroso “celibato emozionale” che preclude ogni forma di intimità e vicinanza: una vita vissuta in superficie, che rimuove forzosamente, ostinatamente, ricordi, amori, dolori. Fino al giorno in cui la tragedia collettiva squarcia il velo e implode nel suo universo personale costringendola ad affrontare domande e risposte mai dette. “L’unica cosa importante nella vita sono i particolari”, scrive dunque Philip Roth. E Lynne Schwartz segue il dettato alla lettera trasformando l’undici settembre per quello che realmente è: non una ferita della Storia, ma il trauma sentimentale di una nazione che quella Storia è incapace di affrontare. Un dramma personale elevato a categoria di pensiero. Allegoricamente, la sua protagonista ha il coraggio di guardarsi dentro e ricominciare a capire. Riuscirà l’America di un Bush qui sbeffeggiato per i suoi discorsi da cow boy a fare altrettanto?
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L’impossibilità di comunicare dolore
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America oggi (e ieri)
“Tutti possono guardarsi allo specchio, ma lo specchio ti abbandona appena ti volti dall’altra parte. Loro due, invece, erano uno specchio fedele, uno specchio amico”. Loro due sono Claudia e Renata, sorelline gemelle e complici, unite anche da una lingua segreta, che era “un capitale di ricordi in comune”. Almeno fino al giorno in cui la magica armonia si spezza, quando Claudia sospetta che la sorella abbia preso i soldi dal salvadanaio comune, e poi con una separazione ancora più drammatica. Anni dopo le ferite sembrano rimarginate: Renata è una linguista (impedibili le sue spietate analisi del vocabolario usato dal presidente Bush) e lavora in biblioteca di Mahnattan. Ma nel privato, non è riuscita a scavalcare la solitudine. Quando ci prova è l’11 settembre e dal cielo arriva uno squarcio che spezza la vita di tutti. Per lei però è l’occasione di raccogliere un frammento del passato e provare a ricomporre il mosaico della sua storia con Claudia. Dopo J. S. Foer, un’altra scrittrice Usa (finora da noi inedita) che si misura con classe, misura e passione con il dramma delle Torri.
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E l’11 settembre scoppiò un fiore
Quando succede, Renata è sul ponte. A piedi. Nel cielo scoppia un fiore immenso, che subito manda giù una pioggia di carta. Fra le miriadi di petali incomprensibili, Renata riconosce un oggetto. Forse è suo. Il dubbio diventa ben presto una certezza indecifrabile: Renata raccoglie quella banconota da venti dollari. E’ la stessa di molti anni prima. L’aveva perduta e di lì in poi tutto aveva cominciato a sfaldarsi. La mattina dell’11 settembre 2001 si trova, nel romanzo di LynneSharon Schwartz(narratrice statunitense e celebre traduttrice dall’italiano), Giochi d’infanzia, più o meno a metà. Nella realtà è il nodo che si ripete dal principio alla fine, che soggiace ad ogni precedente e postumo di questa storia. A volte un poco involuta, forse, con i tratti di suspense sentimentale tipici di un certo feuilleton, dove la protagonista, raffinata linguista e appassionata di sfumature lessicali negli idiomi più marginali, attraversa bassifondi sociali e situazioni estreme, prima di conquistare una così esclusiva posizione intellettuale. I personaggi più riusciti sono invece quelli che le stanno accanto, o di sfondo (come la moglie ex alcolista dell’ambiguo zio, o Jack, il suo compagno dalla eccezionale discrezione).
Renata è unadonna apparentemente lineare, dotata di una sensibilità profonda e di una ironia spietata, come quando se la prende con il presidente. Eppure questo romanzo che è in fondo una tremenda elegia sull’11 settembre, si fonda su ciò che manca alla protagonista, su ciò che ha perduto via via, vivendo. Dapprima una sorella gemella. Claudia. Della quale, forse, il lettore vorrebbe sapere qualche cosa di più. Di lei e del rapporto alchemico che le due sorelle avevano, prima che tutto cominciasse a finire. Prima che Claudia desiderasse essere diversa da lei, la sua gemella. Come si sente una persona, vivendo accanto allo specchio di sé: sempre?
Schwartz incomincia a raccontarci tutto questo. Ma s’interrompe quando Claudia decide di essere diversa. Rimane incinta adolescente. Poi sparisce (forse) dentro un fiume, una notte. Da quel momento la sua gemella, Renata, incomincia a perdere: sorella, nipote, genitori. Una modesta stabilità sociale. La ritroviamo poco più che ragazza con quasi tutto sulle spalle. Così la ritrova anche Jack molti anni dopo: orbata.
Nel racconto del caos che viene subito dopo l’11 settembre, Renata incomincia a ritrovare. Un bambino che ha perduto la madre nelle Torri. Gianna, la nipote sparita molti anni prima girando sopra una giostra. La banconota che, letta in filigrana tanti anni prima, le aveva detto per la prima volta: guarda che la tua sorella gemella non desidera altro che di essere diversa da te!
Questo è un romanzo che racconta tutto lo sgomento e lo smarrimento venuti dopo quell’ immenso fiore in cielo e la pioggia di carta sul ponte di Brooklyn, proprio di lì dove Renata camminava perché era una bella giornata di sole. Da quel momento in poi, la città è irriconoscibile: le distanze si sfasano, le comunicazioni si interrompono. I rapporti affettivi e i ricordi, le speranze e gli odi si tramutano in qualche cosa di diverso. Renata cambia addirittura mestiere per un po’: si mette a leggere i giornali in arabo, per capire “che cosa pensano di noi”.
E’ che l’orrore ha sfigurato tutto e tutti: non soltanto Ground Zero. Persino il passato diventa qualcosa di diverso. Persino quello che hai creduto di seppellire sotto le angosce e la dimenticanza. Così, dalle macerie riaffiora, come per miracolo, anche Gianna. La nipote smarrita che lei, Renata, s’era detta incapace di conservare: un giorno qualunque l’aveva perduta a cavallo di una giostra. Riaffiora persino lo zio morente, poco disposto ad ammettere. Anche soltanto a ricordare. Come se le Due Torri, precipitando, avessero inondato tutto e poi riempito l’acqua di corpi inerti, più o meno galleggianti. Difficili da riconoscere, peraltro, come Claudia quando aveva cominciato a prendere le distanze dalla sua gemella, perché non voleva più essere eguale a lei. Non è forse un libro sulla verità, questo. Su quella storica e sulla cronaca di ciò avvenne in quei giorni.Ma certamente è un libro sul vuoto lasciato da quella pioggia di carta. E sulla comune incapacità di riconoscere il mondo, dopo di allora.