Tove Ditlevsen
Gioventù
Traduzione di Alessandro Storti
Dopo Infanzia, il secondo capitolo della trilogia di Copenaghen, grande classico della letteratura danese oggi riscoperto e acclamato a livello internazionale.
La piccola Tove è cresciuta in fretta: costretta ad abbandonare la scuola molto presto, a quattordici anni compie i primi passi nel mondo del lavoro. Indossato il vestito buono e infilato il grembiule in cartella, di prima mattina si presenta a casa della signora Olfertsen, che l’ha assunta come domestica. Durerà soltanto un giorno, e sarà la prima di una serie di esperienze mortificanti. Lasciata l’abitazione dei genitori, la ragazza si sistema in una stanzetta fatiscente; la notte dorme col cappotto addosso e deve sottostare a una padrona di casa nazista, ma quei pochi metri quadrati sono solo suoi. Insieme all’emancipazione arrivano nuove amicizie, vita notturna, e la scoperta degli uomini, con cui vive degli incontri maldestri e mai veramente desiderati. Lei ha fame d’altro: di poesia, di amore, di vita vera. Mentre l’Europa scivola nella guerra Tove, determinata nel perseguire la sua vocazione poetica, va per la sua strada, lungo il difficile cammino verso l’indipendenza. Uno sguardo sempre più affilato, una personalità sempre più definita: costantemente in bilico tra una libertà appena conquistata e lo spaesamento che questa comporta, comincia a delinearsi il tipo di adulta che diventerà.
Gioventù è il ritratto straordinariamente onesto e coinvolgente di una fase cruciale della vita, e Tove Ditlevsen, ancora una volta, ha un grande merito: nel raccontarci di sé ci rivela qualcosa su tutti noi.
«Prima ancora di Joan Didion e di Annie Ernaux, la scrittrice danese trasforma la propria esistenza in opera d’arte: è a partire dalle vicende personali che Ditlevsen raggiunge l’universale; è raccontando la propria storia che riesce a narrare la vita di ognuno di noi. E lo fa con una lingua perfetta».
Michela Marzano, «TTL – La Stampa»
«Queste memorie scritte in uno stato di trance, quasi di autoipnosi, che anticipano di molti anni l’autofiction, appaiono sorprendentemente fresche».
Livia Manera, «La Lettura – Corriere della Sera»
«Oggi possiamo godere anche noi della trilogia di Copenaghen, in cui Ditlevsen passa in rassegna la sua vita – dalle origini proletarie all’affermazione letteraria fino alla dipendenza dall’alcol – con uno stile asciutto ed evocativo insieme».
Veronica Raimo, «D – la Repubblica»
«Ditlevsen, l’Ernaux danese del Novecento, viene finalmente riscoperta».
Carlotta Vissani, «Il Fatto Quotidiano»