Ekkehart Krippendorff
Shakespeare politico
Drammi storici, drammi romani, tragedie
Traduzione di Robin Benatti e Francesca Materzanini
Shakespeare politico si articola in dodici saggi su altrettante opere di William Shakespeare, dall’Amleto al Re Lear, dal Macbeth alla Tempesta. In ciascuno di essi, con la sua caratteristica chiarezza, passione e precisione, Ekkehart Krippendorff analizza ciò che dell’opera in questione è ancor oggi prezioso per comprendere i meccanismi del potere. Per Krippendorff, infatti, la produzione drammatica di Shakespeare è un pozzo inesauribile di intuizioni in campo politico e i suoi testi offrono risposte inedite e illuminanti a domande sempre diverse, comprese le più complesse e attuali, in particolare riguardo alla questione del sempre difficile rapporto fra governanti e governati. Per esempio, l’ascesa e il tramonto di Riccardo III corrispondono con affascinante accuratezza alle sorti di tante carriere dei leader di oggi. O ancora: l‘Amleto sarebbe davvero incomprensibile senza lo sfondo politico e le questioni morali che riguardano la vendetta e la rivalsa legate alla conquista e al mantenimento della sovranità. Ed è proprio la sovranità il concetto chiave dell’originale analisi di Krippendorff, che legge l’universo dei drammi shakespeariani come una lunga serie di variazioni sul tema della conquista, dell’esercizio e della perdita del potere. Il libro è arricchito da una prefazione dell’autore, che individua possibili chiavi di lettura “shakespeariane” dei tragici accadimenti degli ultimi anni.
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Leggere Shakespeare per capire i leader
“Addio, un lungo addio a tutta la mia grandezza… Come un allegro fanciullo, mi sono avventurato per tante estati su un mare di gloria; ma troppo al largo, nelle acque alte: il mio turgido orgoglio alla lunga s’è sgonfiato sotto il mio peso e mi ha lasciato, stanco e vecchio del lungo servire, in balia della corrente rapace, che mi sommergerà per sempre. Vane pompe del mondo, vi odio…”. C’è una straordinaria attualità, persino una capacità di suggestione che rimanda alle cronache dei nostri giorni, nelle parole del cardinal legato Wolsey, cacciato da Enrico VIII perché ha taglieggiato i sudditi. E l’intensità delle battute del monologo, nell’ultimo dramma storico di William Shakespeare, rimanda a una serie di altre riflessioni sulla vanità del potere, il gioco delle illusioni, la fragilità profonda dell’intera condizione umana. Ecco, rileggerne i drammi e le commedie, può essere un esercizio di “piacere del testo” che ci si regala durante le vacanze di fine d’anno. Una guida è l’ottima raccolta dei cento e più monologhi shakespeariani curata da Guido Davico Bonino e intitolata Essere o non essere, dal più noto di quei monologhi, appunto quello di Amleto. Tra le pagine, Riccardo III e il Sogno di una notte di mezza estate, Romeo e Giulietta e Macbeth, Re Lear e La tempesta. con l’accompagnamento di un corredo di trame, note critiche e notizie storiche. Poesia teatrale. E profonda moralità. “Una delle caratteristiche principali dell’arte shakespeariana”, nota Stephen Greenblatt in Vita, arte e passioni di William Shakespeare, capocomico, “è il tocco di realtà. Come per tutti gli scrittori la cui voce si sia fatta silenzio e il cui corpo svanito nel nulla molto tempo fa, restano solo parole sulla carte. Ma ancora prima che qualche bravo attore le faccia rinascere, le parole di Shakespeare contengono la presenza vivida dell’esperienza vissuta, concreta”. Di quell’esperienza, dunque, Greenblatt, ricostruisce i fatti e analizza il senso, partendo da quel 1590 in cui “un giovanotto di provincia” si trasferisce a Londra e spiegando come e perché, in pochi anni, diventi il drammaturgo più importante non solo della sua epoca, ma di tutti i tempi. Nel suo bagagli, c’è una potente capacità di lettura delle pieghe più controverse dell’animo umano, una fertile attitudine all’ironia, l’inesausto gioco della poesia, ma anche un’inclinazione a decrittare l’intreccio di passioni e potere. La riprova? Nelle pagine che Ekkehart Krippendorff, politologo della Libera Università di Berlino, dedica a Shakespeare politico, analizzando 12 delle sue opere, con scrupolo storico e interpretazione d’attualità (“L’ascesa e il tramonto di Riccardo III corrispondono con affascinante accuratezza alle sorti di tante carriere dei leader d’oggi”). Volendo, si può anche leggere Shakespeare come stimolo per riflessioni sulla leadership. Richard Olivier (consulente aziendale, regista teatrale e figlio del grande attore Laurence, abituato dunque a una familiarità con le opere del drammaturgo inglese), interpreta così la storia di Enrico V (principope dissoluto, ma poi vittorioso condottiero delle truppe inglesi nella battaglia di Agincourt contro i francesi) e ne fa un paradigma di ciò che dev’essere un leader: “Visionario e pragmatico, energico e responsabile, ispirato e ispiratore”.
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Se volete scoprire i progetti di Casini leggete Shakespeare
Scaricabile, faccia tosta e menzogna sono pratiche che i politici hanno elevato ad arte. Uno che l’aveva capito bene era William Shakespeare: Enrico V è pronto a far ricadere sulla Chiesa le colpe dell’assalto imperialista alla Francia, che ha in programma da tempo. Prima di lui, Enrico IV sale al trono grazie all’assassinio di Riccardo II, ma senza aver mai ordinato quel gesto estremo ai cospiratori. “Il poeta inglese conosceva bene una regola fondamentale per l’ascesa e la conservazione del potere” sostiene Ekkehart Krippendorff, politologo tedesco di fama internazionale: “I potenti lasciano il lavoro sporco ai subordinati, fingono di non saperne nulla e intanto stanno aggrappati al trono”.
Così, Enrico IV ricorda un po’Giulio Andreotti, “che nessuno è riuscito mai a sorprendere con il dito nella marmellata”. Mentre Enrico V, che è in cerca di un pretesto per attaccare la francia, oggi vestirebbe i panni di Gorge W. Bush, il presidente degli Stati Uniti che manda Colin Powell a convincere l’Onu che Saddam Hussein possiede le armi di distruzione di massa, mai trovate.
Ci si può sbizzarrire in paragoni come questi, leggendo le opere del drammaturgo inglese. Tanto che Krippendorff ha scritto un saggio, Shakespeare politico(Fazi, pp. 400, 29 euro), da oggi in libreria in Italia, dove, per capire meglio i vizi dei potenti, invita tutti a mettere da parte i manuali di scienza politica e a leggersi lo scrittore di Stratford on Avon. “Berlusconi e Bush non ci fanno crescere intellettualmente, Shakespeare sì. Perché mette a nudo il potere e ci dà lezioni ancora molto attuali”.
Per esempio, insegna che i politici fanno di tutto per non macchiarsi di persona…
“In Italia, quella di lasciare il “lavoro sporco”agli altri è una regola in voga da sempre. Prendiamo Andreotti, uno che è rimasto al potere per cinquant’anni, ma è uscito indenne da ogni accusa. Chi siano, in concreto, i partiti e gli uomini che traggono vantaggio da questo lavoro sporco, non è semplice da provare”.
Come racconterebbe Shakespeare la politica italiana?
Come nell’Amleto: un “giardino puzzolente e non sarchiato”, popolato da potenti che nascondono scheletri negli armadi. Berlusconi s’è dato alla politica per motivi personali. Nell’Amleto c’è una battuta molto attuale: il protagonista dice dello zio Claudio, che è asceso al trono di Danimarca uccidendo il fratello: “Come si può sorridere ed essere una canaglia?”.
Sembra un commento ritagliato addosso a molti governanti di oggi: Berlusconi, Bush e Blair sorridono sempre. Del resto, cosa dovrebbero fare, per convincerci che è tutto a posto?”.
Nessun Amleto in vista?
“Ci sono gli intellettuali, persone con spirito critico, onestà e decenza, che purtroppo rappresentano solo una parte dell’opinione pubblica. Berlusconi sembra avere reso tutti cinici: “Se fa il furbo lui” senti dire alla gente, “perché non dovremmo esserlo anche noi?”. La verità è che il potere ha allontanato la gente dall’impegno. In Germania, i Verdi avevano saputo raccogliere l’entusiasmo di una generazione di contestatori. Arrivati al governo, si sono comportati come gli altri.
Shakespeare ci aveva avvertito: il potere corrompe tutti. Enrico V, diventato re, fa a meno dell’amico, Falstaff”.
In shakespeare la storia la fanno anche i cortigiani. Chi sono i Northumberland di oggi, che prima brigano per portare Enrico IV al potere e poi tramano contro di lui?
“Uno è Pier Ferdinando Casini. Quest’estate ha parlato tantissimo. Tenta di fare bella figura contrastando Berlusconi dall’interno del centrodestra. Anche se i suoi sembrano discorsi solo di facciata”.
Shakespeare non salva nessun uomo di potere: per ragionare come una persona normale, Re Lear deve restare senza scorta.
“Sì. Nella politica non c’è salvezza. Un altro mondo è possibile, ma fuori dal potere. Oppure nelle comunità più piccole: anni fa, sindaci come Antonio Sassolino a Napoli o Leoluca Orlando a Palermo hanno riscattato l’immagine delle loro città. Poi c’è Sergio Cofferati, che al grande agone ha preferito fare il sindaco di Bologna”.
Zapatero metterebbe in crisi questo pessimismo?
“Sembra uno onesto. Ma è un’eccezione, di quelle che si concedono solo i Paesi meno decisivi per gli equilibri del mondo”.
Secondo il poeta, oggi sarebbe in atto uno scontro di civiltà?
“Sì. Lui stesso lo ha messo in scena con Antonio e Cleopatra. Ma Shakespeare ha anche suggerito come uscirne: nella Tempesta, il selvaggio Calibano resta a governare l’isola abbandonata da Prospero, che torna a Milano a fare il duca. La tempestainvita a immaginare un mondo diverso, dove la politica non pretende più di manipolare gli uomini”.
Come dire, la democrazia non si esporta…
“Esatto. Credo proprio che Shakespeare l’avrebbe pensata così”.
– 21/10/2005
Un libro al giorno. ‘SHAKESPEARE POLITICO’ DI EKKEHART KRIPPENDORF
Non e’ certamente la prima volta che si indaga sulle idee politiche e pubbliche di Shakespeare, ma questo volta si va a fondo, lo sguardo e’ piu’ attento e convinto del solito. Non si tratta solo dell’analisi di Ekkehart Krippendorf, politologo tedesco di fama internazionale, che, per evitare di essere considerato una voce eccentrica, propone una dozzina di interventi che entrano nel merito, con passione e precisione, di una serie di opere shakespeariane. Evidentemente di Shakespeare non si parla mai abbastanza, oltre alle sue idee, la sua vita e le sue opere, avvolte in misteri non del tutto chiariti, sono sempre oggetto di studi e supposizioni. Cosi’ il saggio di Krippendorf, col suo argomento specifico e strettamente legato alle opere drammatiche del Bardo, viene tradotto in italiano pochi mesi dopo l’uscita di ‘Vita, arte e passioni di William Shakespeare capocomico’ dell’inglese Stephen Greenblat, edito da Einaudi. Krippendorf esplora opere dall’ ‘Amleto’, al ‘Re Lear’, ‘La tempesta’, ‘Macbeth’, ricche di una miniera di intuizioni politiche sul gioco seducente, a volte ambiguo e crudele, legato alla presa e alla perdita del potere.
– 09/10/2005
Shakespeare politico. “Il potere come forma della criminalità”
– 08/10/2005
Shakespeare anarco-nichilista
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Un piromane di nome Shakespeare
– 27/09/2005
La scommessa di una lingua comune