Katharine Kilalea
Va tutto bene, signor Field
Traduzione di Silvia Castoldi
Il signor Field è un pianista e concertista alla deriva, la cui carriera subisce una definitiva battuta d’arresto dopo un incidente in treno. Con i soldi del risarcimento, si trasferisce a Città del Capo, in una casa costruita dall’architetto Jan Kallenbach come una replica di Villa Savoye di Le Corbusier, dove lo raggiunge anche la moglie Mim. Il signor Field è un uomo triste e rassegnato, che vive in uno stato di sonnolenza perenne e di straniamento dalla realtà che lo circonda. È un uomo in decadenza e svuotato, ma attraverso le sue riflessioni, e facendo un bilancio di ciò che non va bene nella sua vita, comincia a “fare qualcosa”: mentre manda in frantumi il vetro della grande finestra di casa sua, cerca di ricomporre i pezzi della propria identità iniziando un dialogo silenzioso e fittizio con Hannah Kallenbach, la vedova dell’architetto, per la quale sviluppa a poco a poco una vera e propria mania: la segue, si apposta sotto la sua finestra, la spia nella sua vita privata e nelle strane conversazioni con un uomo misterioso. Finché, ormai stanco di essere triste, capisce finalmente di dover riprendere a vivere… che sia nella realtà o nel suo mondo onirico non importa.
Va tutto bene, signor Field, un romanzo delicato e profondo lodato all’unanimità dalla critica per la notevole qualità della sua prosa, è l’impressionante esordio della giovane sudafricana Katharine Kilalea.
«Un romanzo d’esordio sorprendente: è difficile descrivere l’impressionante accuratezza della prosa di Kilalea, che è ciò che rende il romanzo tanto affascinante. Lascia sbalorditi quanto Kafka o Beckett».
«The Spectator»
«Un esordio stupefacente. L’utilizzo della lingua è luminoso, e il signor Field è divertente. Una nuova, straordinaria voce nella narrativa».
«The Economist»
«Un esordio incantevole. Con una prosa di questa qualità c’è ben poco da dire… e il signor Field è di buona compagnia».
«The Sunday Times»
«Un risultato davvero notevole. Un’opera che colpisce per la sua originalità».
«The Guardian»