Colm Tóibín
Amore in un tempo oscuro
Vite gay da Wilde ad Almodóvar
Traduzione di Pietro Meneghelli
In Amore in un tempo oscuro Colm Tóibín trascina il lettore in un universo affascinante e misterioso, un universo popolato da grandi personaggi della letteratura, del cinema e della pittura del diciannovesimo e ventesimo secolo, molto diversi tra loro ma allo stesso tempo uniti da un inscindibile filo rosso: il loro rapporto ambiguo, conflittuale e geniale con la propria identità omosessuale. Molti vissero con sofferenza la discrepanza tra la loro vita pubblica e la loro vita privata, una vita fatta di segreti e di bugie, e questa esperienza in molti casi è la chiave per comprendere l’ambigua eredità che questi artisti ci hanno tramandato. Questa battaglia intensamente personale ha plasmato a tutti i livelli la loro sfera, dandole una sensibilità quasi magica, a volte erotica e triste, spesso tragica. Tóibín lancia uno sguardo nuovo e appassionante nella vita di personaggi come Oscar Wilde, Thomas Mann, Elizabeth Bishop, Pedro Almodóvar, James Baldwin, Thom Gunn e Francis Bacon, e tutti i saggi riflettono l’emozione da lui stessa provata nel rivisitare le loro opere alla luce di una nuova cultura di tolleranza nei confronti dell’omosessualità. Una collezione di ritratti veramente “illuminanti”, per dirlo con le parole del “Financial Times”, che si legge davvero come un romanzo emozionante.
– 21/08/2003
Vite di gay illustri, senza lieto fine
Lo scrittore irlandese Colm Toibin, ospite a Trieste alcuni anni fa anche della Joyce Summer School, è già noto ai lettori italiani che hanno apprezzato i suoi romanzi “Sud”, “La storia della notte” e “Il faro di Blackwater”, editi da Fazi e tradotti da Laura Pelaschiar. Ora la sua casa editrice italiana propone una raccolta d’articoli in cui lo scrittore ripercorre alcune vite gay, da Oscar Wilde a Pedro Almodovar.
Toibin è in un certo modo interessato all’ombra che avvolge le vite di uomini e donne famosi e si chiede: perché in letteratura le esigenze dei gay non possono concedere ai loro protagonisti gay un lieto fine, come faceva Jane Austen con gli eterosessuali?
La risposta è da cercare nei nove ritratti dedicati da Toibin a grandi personaggi della letteratura, della politica, del cinema e della pittura raccolti sotto il titolo “Amore in un tempo oscuro” (Fazi, pp. 231, euro 14.50, trad. Pietro Meneghelli). Nella nota introduttiva Toibin cita Borges, secondo il quale “all’interno della cultura inglese, essere irlandesi e diversi equivale a essere innovatori” e questo molto prima che – sottolinea Toibin – “si affermasse l’idea che la letteratura irlandese, ebrea o gay (o più tardi sudamericana) fosse essa stessa il centro, e non mera periferia…”.
In quanto irlandese e gay, Toibin è particolarmente interessato alla relazione che intercorre tra questi due assunti, che nella sua patria sono stati per anni ritenuti assolutamente antitetici. Il libro si apre con Oscar Wilde, irlandese e gay tardo vittoriano, la cui vita, splendida e disgraziata, è forse riassumibile in un brano di una lettera che André Gide scrisse alla madre da Algeri: “E Wilde! Wilde! Non c’è vita più tragica della sua! Se solo fosse più accorto, se fosse capace di stare attento, sarebbe un genio, un grande genio. Ma come dice lui stesso, e sa bene: “Ho messo il mio genio nella mia vita; nel mio lavoro ho messo il mio talento. So che é così e per questo è grande la tragedia della mia vita”. Ecco perché quelli che lo hanno conosciuto bene proveranno sempre quel brivido di terrore quando lui è in giro, come capita sempre a me…”.
Colm Toibin riflette sul significato, ma anche sui modi diversi di manifestarsi dell’omosessualità. Come quella di Thomas Mann, tutta secretiva, fatta di sguardi, di indicibile desiderio, che lo scrittore tedesco tanto bene descrisse nella novella “Morte a Venezia”, o quella della poetessa americana Elizabeth Bishop, mai dichiarata, ma che visse in volontario esilio in Brasile insieme alla donna che per lei morì giovane e folle. Un ‘ombra più buia oscura le vite di quanti hanno conosciuto il flagello dell’Aids, che li ha privati di tanti amici e compagni.
E’ la storia dell’esplosivo regista spagnolo Pedro Almodovar, o del poeta Mark Doty, che scriveva: “e giuro che a volte/ quando appoggio la testa sul tuo petto/ riesco a sentir ronzare il virus/ come un frigo”. Delle vite raccontate in “Amore in un tempo oscuro” (la cui traduzione di Pietro Meneghelli non è purtroppo allo stesso livello degli altri libri di Toibin pubblicati in Italia) le più affascinanti sono quelle di altri due irlandesi: il patriota Roger Casement e il pittore Francis Bacon.
Nato a Dublino nel 1909, Bacon passò l’infanzia e l’adolescenza in Irlanda per poi trasferirsi a Parigi dove si dedicò alla pittura. Così veniva descritta la sua opera sul Times nel 1968: “Bacon non fa mistero che il tema ossessivo dei suoi dipinti sia la disperazione omosessuale. Tuttavia sostiene che la disperazione osservata tra gli eterosessuali sia più o meno simile”.
La storia che più colpisce in questo libro è però quella di Sir Roger Casement, condannato a morte per impiccagione il 3 agosto del 1916 a Londra, con l’accusa di alto tradimento della Corona britannica. Casement era un anglo-irlandese e, come molti membri della comunità protestante dell’epoca, mise a repentaglio la propria vita per la creazione di una libera Repubblica d’Irlanda. Casement dedicò la sua intera esistenza alla ricerca della giustizia per i popoli oppressi. L’attività di Console britannico lo portò a verificare con i propri occhi le condizioni disumane dei nativi del Congo prima e di alcune tribù Amazzoniche poi.
I suoi “Blue Books” fecero scalpore: denunciavano lo sfruttamento e lo sterminio di intere popolazioni da parte dell’uomo bianco “civilizzato”. Al rientro da una missione in Amazzonia, Casement decise di schierarsi a fianco degli Indipendentisti irlandesi. Poco dopo lo scoppio della Prima Guerra mondiale si trasferì in Germania dove cercò finanziamenti, armi e uomini che sarebbero dovuti intervenire a supporto della sommossa che sarebbe sfociata nell’Easter Rising del 1916. Casement partì da Kiel a bordo di un sottomarino tedesco di scorta alla nave da guerra Aud carica di armi per i ribelli irlandesi.
Arrivato davanti alle coste del Kerry il sottomarino venne avvistato dalle vedette britanniche, Casement fu arrestato, portato a Londra e condannato a morte nonostante si fosse formata una folta schiera di personalità che ne chiedeva la grazia. Gli inglesi usarono contro di lui l’arma della diffamazione. Sostennero che l’uomo non era l’eroe puro e immacolato che tutti credevano, ma un indescrivibile perverso, un omosessuale che per anni aveva tenuto nei suoi “Black Diaries” la sporca contabilità del suo “vizio”, registrando con nevrotica pignoleria i dettagli riguardanti l’ora, il giorno, il luogo dei suoi incontri proibiti, le dimensioni dei membri dei suoi partner occasionali, la qualità e la durata delle loro prestazioni ed il prezzo pagato. Per gli irlandesi quei diari erano dei falsi, non era concepibile l’idea che un patriota, un martire ed un eroe irlandesi, potesse essere un omosessuale. Preferirono lasciarlo impiccare, per poi riabilitarlo quaranta anni dopo.
Oggi le sue ultime parole inneggianti alla libertà e al rispetto della dignità umana, proclamate dal banco degli accusati, sono impresse nella memoria di ogni studente, dal nord al sud del paese. Forse in Irlanda è giunto il momento di ripensare all’idea di patria come a un luogo in cui è possibile vivere liberamente le proprie scelte, e dove anche le storie gay possono essere coronate da un happy end.
– 08/10/2003
Amore in un tempo oscuro
Colm Toibin, finora noto come autore di alcuni dei romanzi più importanti della letteratura irlandese contemporanea, ha dedicato un libro alla vita e alle opere di alcuni personaggilegati dal filo sempre meno segreto dell’omosessualità. Alla radice dell’opera c’è la proposta di una rivista culturale inglese, accettata da Toibin, omosessuale egli stesso, dopo molte esitazioni, di scrivere su alcuni autori gay. Qui trovano posto Oscar Wilde, Thomas Mann, Elizbeth Bishop, Pedro Almodòvar e altri personaggi vissuti “in un tempo oscuro” che via via si è rischiarato.
– 09/07/2003
Amore in un tempo oscuro
Credo che questo libro andrebbe adottato nelle scuole, perché racconta – attraverso nove casi esemplari da Wilde ad Almodòvar – l’esperienza dell’omosessualità senza volerla spiegare in maniera sociologica o psicologica, bensì come una dimensione intima che a poco a poco si riversa e pervade l’esistenza pubblica di un individuo, fino a divenirne una sorta di misteriosa (e magari inesprimibile ) dea ispiratrice. Lo scrittore irlandese ( un titolo per tutti: Il faro di Blackwter) riesce così nel miracolo di raccontarci una manciata di vite tenendo insieme l’attenzione a ogni singolo caso con il contesto che lo illumina. Non si tratta di un libro ideologico o propagandistico di una way of life, dunque. Anche perciò andrebbe letto nelle nostre scuole.
– 28/07/2003
Lo scrittore Toibin sugli amori in un tempo oscuro
Autoritario e serio nella vita pubblica, il premio Nobel Thomas Mann era un altra persona nel privato. “Sposato, padre di sei figli, appariva come un vero pater familias tedesco vecchio stile e a 75 anni si innamorò di un cameriere in Svizzera”. Lo racconta lo scrittore irlandese Colm Toibin in Amore in un tempo oscuro.
Vite gay da Wilde ad Almodovar (Fazi, pp 232, euro 14,50). Si tratta di una raccolta di saggi apparsi sulla “London Review of Books”, fatta eccezione per quello su Almodovar pubblicato da “Vanity Fair”. Un viaggio nella vita e nell’opera di alcuni autori omosessuali e Toibin non sceglie quelli dell’era che lui chiama post-gay ma gli scrittori per cui la scelta omosessuale era fonte di inquietudine, riserbo, persecuzioni, seguendoli in un’arco di 100 anni, la distanza che separa la nascita di Wilde (1854) da quella di Almodovar (1954), passando per artisti e scrittori come Elizabeth Bishop, Francis Bacon, Thom Gunn e Marc Doty. “Il libro – dice Toibin – comincia con persone perseguitate come Wilde, che muoiono, e finisce con Almodovar che se la spassa. La vita è cambiata molto per i gay ma non posso fare a meno di pensare che gli orgasmi erano migliori quando c’era la repressione”.
Ad affascinare lo scrittore irlandese, finalista del prestigiso Booker Prize, è “la volontà di queste figure che hanno sofferto per la loro omosessualità, di lasciare un indizio sulla loro strada e questo impulso ha un valore simbolico per tutti gli scrittori”.
Con originalità e limpidezza, Toibin scrive una singolare storia dei passi in avanti compiuti dal mondo gay ma anche del misterioso rapporto tra creazione artistica e ricerca di un’identità. Ecco così Oscar Wilde “costretto – racconta – ai lavori forzati, a dormire su una panca di legno. Se non ufficialmente condannato a morte, portato allo stremo delle forze in prigione. Con lui Foucault fa coincidere, nel 1895, la nascita dell’identità omosessuale perché abbiamo una vasta documentazione. Ma c’è un dilemma sul vero inizio. Prima non si poteva essere omosessuali apertamente”.
C’è poi il caso di Roger Casement, “ex patriota irlandese la cui condanna a morte per aver partecipato alla ribellione contro gli inglesi venne accettata da tutti dopo il ritrovamento dei suoi diari in cui era esplicita la sua omosessualità. E Elizabeth Bishop, alla quale piaceva essere un’omosessuale non dichiarata ma scriveva molte poesie sulla ragazza che amava da pubblicare dopo la morte”.
Amico di Almodovar, con cui spesso gioca a tennis, Toibin racconta anche che al regista spagnolo “è piaciuto il suo ritratto anche se non aveva capito che sarebbe finito in un libro. Almodovar crea le stesse figure femminili affascinanti e divertenti di Wilde. In pubblico si diverte ma è molto serio nel suo lavoro, ha tre strati di vetro alla finestra per insonorizzare la stanza in cui lavora. Anche il pittore Francis Bacon si alzava alle sei del mattino per lavorare e la notte era un altra persona”. La bisessualità “che ora va tanto di moda – continua – è spesso una scusa (se sei bisessuale non passerai mai un sabato sera da solo a cena, dice una regola d’oro). Alla fine Thomas Mann, che nel vivere il suo essere gay non è stato ostacolato né dalla moglie né dai figli, crescendo ha capito che voleva il cameriere”, conclude Toibin, che ha appena finito di scrivere un romanzo storico su Henry James, Il maestro, in uscita a Londra nella primavera del 2004, e sta lavorando a una pièce sulla nascita del teatro e a un libro di saggi dedicati a Nuovi modi per uccidere tuo padre, con al centro soprattutto autori irlandesi.
– 13/07/2003
Parole rivolte allo specchio della vita
Finita d’un fiato la lettura di Amore in un tempo oscuro. Vite gay da Wilde ad Almodóvar, appena uscito per i tipi dell’editore Fazi (traduzione di Pietro Meneghelli, pp. 236, euro 14,50) per la penna di Colm Tóibín, appare evidente che lo scrittore irlandese non volesse tanto delineare una teoria della letteratura gay, analizzando le vite e le opere di personaggi illustri della cultura del XIX e del XX secolo – quali Oscar Wilde, Roger Casement, Tohmas Mann, Francis Bacon, Elizabeth Bishop, James Baldwin, Thom Gunn, Pedro Amodovar e Mark Doty – quanto piuttosto mettere il luce il fatto che il loro essere gay rappresentava un tratto distintivo e importante del loro modo di agire, pensare, lavorare.
“Questo libro”, scrive Tóibín nell’introduzione, “tratta principalmente di figure di omosessuali per le quali nella vita pubblica l’essere gay sembrava venire in secondo piano, per scelta o per necessità. Ma nello loro vita privata, nella loro anima, la legge del desiderio cambiava ogni cosa e rendeva tutto molto diverso. La lotta per affermare una sensibilità gay iniziava a porsi come una faccenda del tutto privata, e poi lentamente, se l’uomo o la donna gay era uno scrittore, oppure un pittore, un regista, un riformatore, si infiltrava nel linguaggio, nelle immagini e nella politica, in modi che trovavo strani e affascinanti”.
Amore in un tempo oscuro è il modo avvincente e appassionante – mai teorico, né minaccioso – di rivendicare la necessità dell’affermazione di un “passato gay”, edificando una sorta di difesa della “nostra” storia, del “nostro” passato, invitandoci tacitamente ad acuire in noi la coscienza di quel bene fragile e vulnerabile che è l’eredità culturale lasciata dai personaggi che danno voce alle sue pagine. Ne abbiamo parlato con l’autore, di passaggio a Roma, dove ieri ha presentato il suo libro all’Art Cafè di Villa Borghese.
Come nasce questo libro?
Nel 1993, Andrew O’Hagan della “London Review of Books” mi chiese di scrivere un pamphlet sull’Irlanda e sulla mia identità omosessuale, cosa che a me non interessava minimamente. Non ero in grado farlo, pensavo di non poterne scrivere. Dissi di no. Inziarono così a mandarmi numerosi libri che non avevano però niente a che fare con i Gay Studies o con i movimenti gay politicizzati; anzi, furono proprio le tre meravigliose biografie di Thomas Mann che mi inviarono all’inizio ad accendere il motore di questo libro. Un libro dalla struttura “irregolare” sia per la diversa lunghezza delle singole biografie che lo compongono, sia per il loro tono e intensità, che però riflette pienamente il mio stato d’animo di quegli anni.
Con quale criterio ha selezionato gli artisti di cui parla nel suo libro?
Assolutamente casuale e in base ai volumi che mi inviano dalla “London Review of Books”. A parte James Baldwin ed Elizabeth Bishop, di cui ho voluto occuparmi a tutti i costi. Baldwin mi sembrava fondamentale per il modo in cui ha scritto Dillo sulla montagna e La stanza di Giovanni, che rappresentano due momenti cruciali della mia esistenza. Della Bishop adoro le poesie, soprattutto ciò che con i suoi versi non dice. La sua fu un’infanzia terribile; suo padre si suicidò, sua madre impazzì, lei era gravemente asmatica; tutto questo si legge nelle “assenze” dei suoi versi. C’è un suo verso straordinario che dice: Nature repeats itself, la natura si ripete, e fin qui niente di strano, solo un po’ noiosa come prospettiva. Ma poi c’è una virgola e dopo la virgola: almost does, quasi. Ed è quel quasi che apre su un universo di inquietanti e destabilizzanti incertezze, di paure vitali. Non sapevo che la Bishop fosse gay, non conoscevo la sua storia personale prima di cominciare a lavorare su di lei, ma mi sono reso conto che è come se in questo libro ci fosse un altro libro che avrei potuto intitolare “Orfani in un tempo oscuro”, oppure “Orfani gay in un tempo oscuro”, perché da Thom Gunn a Thomas Mann, da Elizabeth Bishop a James Baldwin, erano tutti orfani.
Il suo libro è dunque una raccolta di brevi biografie. Di lei finora abbiamo letto in traduzione i suoi romanzi. Qual è il confine fra romanzo e biografia? Esiste una netta linea di demarcazione oppure si tratta di due mondi che si contaminano a vicenda?
Un romanzo si sviluppa nel corso di molti anni e di solito non comincia come un nucleo autobiografico. E’ fatto di mille dettagli e non prende il via così, di botto. Occorrono molti anni perché un romanzo prenda forma ed emotivamente siamo su due piani totalmente distinti e separati. Insomma, per dirla in breve, scrivere un romanzo è come nuotare, scrivere biografie è come starsene sdraiati sotto il sole.
Da diversi anni in Europa e in America, e da alcuni anche in Italia, si dibatte sulla legittimità di una letteratura gay. Cos’è, secondo lei, che rende gay un romanzo. Esiste veramente una letteratura che possiamo classificare come “omosessuale”?
Sarebbe come domandarsi se George Eliot era un uomo. Forse sono domande senza risposta. Ci sono stati anni, in passato, in cui i romanzi delle donne ebbero grande impatto sulle altre donne, rivelandosi di immensa importanza non solo dal punto di vista letterario, ma come motori della società in trasformazione. I romanzi di Doris Lessing o di Simone de Beauvoir sono stati veramente delle rivelazioni in tal senso. Sono ciò che in Inghilterra sono stati i libri di James Baldwin e di Alan Hollinghurst per gli uomini gay, per i quali, per dirla con Adrienne Rich “vi guardaste allo specchio e non vedeste nulla”: nessuna immagine di me, che mi scopro gay, nella pubblicità, nel cinema, nell’infanzia e nell’adolescenza; niente che mi assomigli. Poi, di colpo, il romanzo di Baldwin o di Hollinghurst, e allora comincio a scoprire un mondo con il quale confrontarmi, che mi dice che non sono solo. Insomma, come si fa a dare una definizione di letteratura gay? Oggi il miglior libro gay americano è Brokeback Mountain, di Annie Prouxl, una scrittrice eterosessuale che parla dell’amore omosessuale fra due cow-boy. E in maniera sublime! L’altro grande esempio di letteratura a tematica gay che ho letto di recente è la trilogia di Pat Barker, The Regeneration Trilogy, il cui personaggio è un bisessuale. Ma anche in questo caso, l’autrice è una donna eterosessuale. Ultimamente, Edmund White ha scritto un romanzo ambientato nell’America degli anni Settanta nel quale non compare nemmeno un personaggio gay. Il punto è che bisogna saper scrivere, e bisogna scrivere con la capacità di parlar d’altro.
Parlando di Mark Doty e Pedro Almodóvar, lei afferma che, nati cento anni dopo Oscar Wilde, essi vivono in un’epoca meno oscura. Pochi giorni in fa, qui in Italia, è stato varato un provvedimento governativo che definisce atto non discriminatorio il licenziamento per orientamento sessuale. Pensa veramente che quelli che stiamo vivendo siano tempi meno oscuri?
Io sono convinto di sì. In Irlanda la legge in base alla quale era stato incarcerato Oscar Wilde è rimasta in vigore fino al 1993, ma negli ultimi anni è stata varata anche una legge contro le discriminazioni sul lavoro. Così come in Inghilterra la settimana scorsa è stato sancito il diritto alle unioni gay. Indubbiamente stiamo facendo dei passi avanti, e non solo con le leggi – perché le leggi rappresentano solo una parte limitata della questione – ma soprattutto con la consapevolezza e la presa di coscienza. Del resto le libertà – fra cui anche la libertà sessuale – arrivano sempre accompagnante da una qualche forma di fascismo. Mai da sole.
Ed è per questo che lei considera la storia gay come “una componente vitale dell’identità gay”?
Esattamente come lo è la storia irlandese per gli irlandesi o la storia ebraica per gli ebrei, di cui esiste una vastissima letteratura. E’ impossibile prendere coscienza di ciò che si è senza sapere ciò che è stato prima di noi.
I suoi prossimi libri?
Sto scrivendo Freedom of Speech, un dramma sui primi anni del teatro irlandese che mi è stato commissionato in occasione del centenario del teatro nazionale irlandese del prossimo anno. E ho appena terminato di scrivere un romanzo su Henry James dal titolo The Master.
Lei è convinto, dunque, che i libri possano cambiare la vita delle persone?
Di sicuro hanno cambiato la mia. Infatti Amore in un tempo oscuro, prima ancor che dalla passione per la scrittura, nasce dalla mia passione per la lettura.
– 07/11/2003
Gli artisti che non potevano cantare l’orgoglio gay
Un libro dell’irlandese Colm Tòibìn scava nella vita difficile e segreta di alcuni grandi intellettuali del Novecento
Gli artisti che non potevano cantare l’orgoglio gay
Durante il festival di Edimburgo del 1993 un redattore della London Review of Books volle incontrare il giovane e promettente scrittore irlandese Colm Tòibìn per chiedergli una collaborazione. Non un articolo, ma qualcosa di più impegnativo, qualcosa di meditato e culturale, ma allo stesso tempo personale. Tòibìn pensò che era l’ennesimo invito a scrivere sull’identità irlandese. Invece si sbagliava: il redattore della prestigiosa rivista londinese gli stava chiedendo di scrivere sull’identità omosessuale. Lì per lì Tòibìn rifiutò, ma qualche anno dopo pubblicò un libro, ora tradotto in italiano, dal titolo bello ed enigmatico, Amore in un tempo oscuro , e un sottotitolo che invece non lascia dubbi: “Vite gay da Wilde a Almodóvar”. Ma chi temesse di trovarsi di fronte a uno dei tanti trattati che rileggono la storia culturale occidentale alla luce di elementi quali razza e sesso, secondo la moda dei cultural studies americani, si tranquillizzi: il libro non vuole indottrinare, né è un pamphlet per il giorno del gay pride , ma invece una sorta di romanzesca indagine su quel misterioso nodo in cui si intrecciano la vita e la scrittura, la legge dell’arte e quella del desiderio, uno studio, specifica l’autore, “non sulla teoria e l’idea dell’omosessualità, ma sull’opera e la vita di alcuni omosessuali”.
Alcuni, e cioè non i militanti, non i guerrieri della liberazione, ma figure più tormentate o fragili, o semplicemente più complicate, collocate lungo l’arco storico di un cambiamento durato circa cento anni, dal terribile processo alla fine del XIX secolo a Oscar Wilde – trascinato in giudizio dal padre del suo capriccioso amante Alfred Douglas e condannato non solo a due anni di lavori forzati ma anche alla perdita del possesso dei suoi diritti letterari – al momento in cui la catastrofe dell’Aids ha dato luogo a una tragica celebrazione di se stessa, in poesie e memorie, alla fine del Novecento. Non scrittori, dunque, come Edmund White e David Leavitt, Michael Cunningham e Jeanette Winterson, gli scrittori dell’epoca post-gay , come la chiama Tòibìn, che hanno fatto dell’omosessualità il centro e si potrebbe dire il blasone della propria opera, ma scrittori per cui è stata fonte di persecuzione, come appunto Wilde, o di faticosa riservatezza, come Thomas Mann e la poetessa americana Elizabeth Bishop, o di contraddizione, come l’afroamericano James Baldwin, o comunque di una sfida e di un’inquietudine conoscitiva, come per Francis Bacon e Pedro Almodóvar.
Tòibìn lo spiega citando la poetessa e femminista americana Adrienne Rich: è come se “vi guardaste allo specchio e non vedeste nulla”. Cioè: non è solo questione di diritti e di orgoglio riconoscere la storia negata dell’omosessualità e del registro espressivo che la rappresenta – nei sonetti di Shakespeare come nei romanzi di Henry James – ma “parte del percorso verso la libertà”, come ogni forma di conoscenza e di autoconsapevolezza che ha la meglio su silenzio e paura.
Di paura, soprattutto, ce n’è stata tanta nella storia omosessuale, basta leggere nel libro di Tòibìn lo strano caso dei diari di Roger Casement, un protestante irlandese che, come agente commerciale e funzionario diplomatico prima in Africa poi in Sud America, fu testimone delle atroci brutalità inflitte alle popolazioni locali diventando una sorta di protoattivista dei diritti umani e dell’anticolonialismo. Fervente nazionalista irlandese, nel 1916 Casement fu accusato dagli inglesi di tradimento militare e condannato a morte. Per impedire, come molti intellettuali dell’epoca chiedevano, che l’impiccagione fosse sospesa, furono usati i suoi diari, in particolare quelli relativi agli anni 1903, 1910 e 1911, diari che non contenevano affatto le prove del tradimento, ma una prova ancora più schiacciante della sua indegnità agli occhi dell’opinione pubblica: il resoconto dei suoi incontri omosessuali. Uno scandalo che la morte non mise a tacere: per tutto il Novecento, prima ancora che fossero pubblicati, la questione dell’attendibilità dei diari di Casement tormentò i critici e anche i patrioti irlandesi, per i quali un sodale gay era una spina nel fianco. Sostenevano che qualcuno li aveva falsificati per nuocere alla causa dell’indipendenza, ed era necessario dunque dimostrarne la falsità, soprattutto di fronte alle folle che piangevano il martirio di Casement perché “per tutti quei cristiani, la libertà conquistata da un pervertito sarebbe stata una libertà pervertita”.
Senza che a nessuno venisse in mente, nota Tòibìn, che forse era proprio la sua omosessualità, ossia la differenza della sua sensibilità e percezione del mondo, ad avergli reso intollerabile la visione del sadismo coloniale che lasciava la maggior parte dei suoi contemporanei indisturbati, e a farne un eroe della ribellione e della libertà.
Il libro di Colm Tòibìn, “Amore in un tempo oscuro”, esce oggi da Fazi (pagine 240, 14,50)