Brian Moore
Cielo gelido
Traduzione di Laura Evangelista
Considerato da Graham Greene come il migliore scrittore contemporaneo, Brian Moore ci offre con Cielo gelido una suspense degna del miglior thriller che, unita a una profonda indagine morale dei suoi protagonisti, conferma lo scrittore irlandese tra i più abili e raffinati romanzieri degli ultimi decenni. Marie e Alex Davenport stanno trascorrendo sulla Costa Azzurra la loro ultima vacanza insieme. Messo da parte ogni timore, Marie sembra finalmente risoluta: l’indomani comunicherà all’ignaro marito la decisione di lasciarlo e subito dopo raggiungerà Daniel, il suo amante, a Los Angeles. Ma uno strano e terribile incidente sconvolge i suoi piani. Mentre sono al largo della costa di Nizza, Alex viene investito da un motoscafo e muore. Marie rimane così vedova dell’uomo che stava per abbandonare. Ben presto una serie di eventi inspiegabili dà alla tragedia i contorni di un vero e proprio enigma: il corpo di Alex scompare dall’obitorio, all’albergo non c’è traccia del suo passaporto e dei suoi effetti personali. Marie si trova coinvolta, di conseguenza, in una vicenda misteriosa, nella soluzione della quale è costretta ad affrontare anche elementi di ordine soprannaturale: che cosa ha a che fare la morte – vera o presunta – del marito con una visione mistica avuta in passato? Perché né la forza della ragione, in cui “vuole” credere, né le risposte della religione, cui ha rinunciato da molto tempo, sembrano esserle d’aiuto?
– 17/10/2003
Lazzaro in California
Qualche mese fa su queste pagine Francesco Piccolo – recensendo Ciclopi di David Sedaris – notava come fossimo settimanalmente bombardati da strilli inneggianti all’ennesimo nuovo genio della letteratura, per lo più made in Usa, al libro imperdibile e nuovo sunto della contemporaneità letteraria. Ero in libreria e guardavo questa pioggia di capolavori annunciati, l’occhio alle decine di fascette editoriali, a firma di un instancabile Jonathan Franzen (lo scrittore migliore della mia generazione / uno dei dieci libri più belli della stagione, e via dicendo) e che gli editori italiani clonano a ritmo serrato su tutte le nuove uscite, così sono stato sul punto di asportarne una per agganciarla intorno a Cielo gelido, romanzo di Brian Moore, scrittore nato a Belfast e vissuto tra il Canada e Los Angeles. Cielo gelido è molto interessante e ottimamente scritto ma, più o meno abbandonato negli angoli dei banconi dei librari (e non solo da loro, anche i giornali si affrettano intorno ai libri “fascettati” da Franzen) non gode della giusta attenzione, più o meno come tutto Moore.
Chi ha curato questo libro ci ha provato e ha posto in quarta di copertina l’elogio senza riserve che di questo autore, morto nel 1998 a settantasette anni, ne fece Graham Greene che va da sé è un assoluto gigante del Novecento letterario ma mi pare, con rammarico, non alla moda come De Lillo o Franzen. Cielo gelido è un romanzo scritto da Moore esattamente vent’anni fa, e da cui nel 1992 Nicolas Roeg trasse un film un po’ pasticciato (Oscuri presagi, il titolo) nonostante una più che onesta interpretazione di Theresa Russel. Il romanzo anche se narrato in terza persona vede quasi sempre in scena la protagonista, Marie Davenport, moglie del dottor Alex Davenport. La coppia di americani di mezz’età si trova in vacanza, dopo un congresso medico, in Costa Azzurra (nel film è Acapulco) e Marie ha deciso di abbandonare il marito, si ripete che glielo dirà domani, per poi raggiungere Daniel a Los Angeles, anche lui medico e amico della coppia. Alex e Marie sono su un pedalò, Alex si tuffa in acqua e pochi attimi dopo è travolto, accidentalmente, da un motoscafo; le sue condizioni sono gravissime e accompagnato dalla moglie viene portato in ospedale. Qui Alex è, secondo i medici francesi, morto. Fin qui il sunto del primo capitolo, sedici pagine di una perfetta tensione narrativa e stilistica senza molti precedenti. Nelle ultime righe di questo perfetto avvio apprendiamo che Marie sospetta di una specie di vendetta, un segnale per aver taciuto un fatto accaduto, esattamente un anno addietro, a Carmel in California, dove lei si trovava con l’amante. Cosa era successo a Carmel? Marie che aveva avuto una specie di visione – un’apparizione di una giovane, probabilmente la Madonna – sta pensando a quel fatto mentre dall’ospedale scompare un redivivo Alex, misteriosamente ristabilitosi. Marie non vuole pensare al miracolo, ma Alex pare, più che la vittima di un errore medico, proprio un resuscitato.
Può sembrare troppo, eccessivo, ingestibile, ma vi garantisco che non è così perché il romanzo è misurato e normalizza anche quello che normale non è. Marie pur avendo frequentato le scuole cattoliche a Montreal non è credente, anzi rifiuta la religione e la Chiesa in ogni loro manifestazione, a tratti detesta tutto quel mondo con cui all’improvviso deve però confrontarsi, soprattutto perché piegata dal nesso esistente tra la salute del marito e l’accettazione almeno come fatto di quell’apparizione: Alex peggiora o migliora a seconda dell’atteggiamento di Marie verso il miracolo, ma lei non lo chiama mai così, che è accaduto sulla costa californiana. Come fronteggiare l’irruzione di qualcosa d’inspiegabile per una persona saldamente razionale e secolarizzata? Marie non può e non vuole dire né al marito né all’amante – entrambi scienziati medici – il motivo per cui sono di nuovo tutti a Carmel, in un residence non molto lontano dall’oscura scogliera e in prossimità di un piccolo monastero di suore di un ordine minore (le stesse presso cui aveva studiato Marie a Montreal).
Cielo gelido, non solo per i luoghi, rinvia all’Hitchcock di Vertigo (La donna che visse due volte) e Moore fu soggettista e sceneggiatore del maestro del brivido (per Il sipario strappato), solo che non c’è una soluzione finale, come in Vertigo, data dallo svelamento di un inganno. Marie che alla fine del romanzo troviamo più o meno dov’era all’inizio – sta per dire al marito di Daniel –prima ha dovuto compiere una missione, malgrado lei non ci creda, una missione che si faccia carico di passare quell’irrazionale a qualcuno più votato ad accoglierlo. Marie non vuole accettare quel segno divino o comunque lo si voglia chiamare, vuole essere quella che era prima, libera di avere la sua vita e di fare le sue scelte come se nulla fosse accaduto. Con temi di questo tipo si può ben capire l’enorme predilezione che il cattolico Graham Greene aveva per l’opera tutta di Brian Moore (le affinità confrontando anche gli altri libri di Moore con alcuni capolavori di Greene sono tantissime) e si può ribadire che Cielo gelido è un libro di primissime qualità morali e letterarie non disgiunte da un avvincente meccanismo di suspence.