Hubert Selby Jr.
Il salice
Traduzione di Marco Pittoni
Dalla penna acuminata dell’autore di capolavori come Ultima fermata a Brooklyn e Requiem per un sogno, un altro grande affresco dell’America cancellata. Bobby è un giovane ragazzo di colore del Bronx. Poco più che adolescente, ha consumato velocemente i suoi anni sulle strade violente del ghetto. Lui e Maria, la sua giovanissima ragazza, hanno grandi piani per il futuro. Un giorno i due vengono aggrediti da una feroce gang ispanica: Bobby viene selvaggiamente picchiato mentre Maria ne esce col volto sfigurato dall’acido. Pochi giorni dopo la ragazza si uccide. Bobby, invece, viene tratto in salvo dall’anziano Werner Schultz, un ebreo sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti. Moishe – così si fa chiamare – tiene il ragazzo con sé e lo cura finché non si rimette in forze. Tra i due si instaura una grande amicizia e Bobby sembra dimenticare l’accaduto. Un giorno però Bobby, facendo ritorno nel suo quartiere, viene a sapere della morte della ragazza e, infiammato dall’odio, inizia a preparare la sua vendetta, di fronte allo sguardo impotente di Moishe, che conosce fin troppo bene la forza distruttiva dell’odio. Narrato nello stile frammentato e schizofrenico che ha reso Selby celebre in tutto il mondo, ne Il Salice l’autore torna a raccontarci la realtà poetica degli emarginati, dei perdenti, dei diversi.
«Selby è un grande, un grande davvero, uno dei maestri, uno che leggi e poi non scrivi uguale a prima. Una specie di Céline newyorkese».
Alessandro Baricco
– 01/11/2006
Luci di speranza nel desolato mondo di Selby
– 28/10/2006
Il Salice
– 02/07/2006
Novità in libreria
– 13/06/2006
Il testamento dello scrittore che uccise l’”American dream”
Q uando morì il 26 aprile del 2004, il New York Times gli dedicò uno scarno “coccodrillo”. Si apriva così: “Hubert Selby jr, l’ex marinaio che si dedicò alle droghe e alla scrittura dopo aver sfiorato la morte, autore con Ultilma fermata a Brooklyn di una duratura visione dell’inferno urbano, si è spento nella sua casa di Los Angeles. Aveva 75 anni”. Descrizione ruvida, ma efficaae di uno tra i protagonisti più controversi della letteratura americana del Dopoguerra.
Selby era un drop out che non aveva finito le scuole superiori e non sapeva usare la punteggiatura, ma è entrato a pieno titolo tra i grandi autori Usa.
Minato dalla tubercolosi di cui si era ammalato in gioventù, lontano dalla vita mondana e letteraria, in quarant’anni Selby aveva pubblicato un libro di racconti e sei romanzi, tutti segnati da un’ossessione: raccontare gli sconfitti e indagare, come scrive ilk musicista Lou Reed ricordandolo in The Raven (minimum fax, pp. 200, euro 12), l’impulso irresistibile dei dimenticati a “desiderare ciò che non possono avere e a innamorarsi della cose sbagliate”.
In questi giorni però l’uscita per l’editore Fazi di Il salice (pp. 320, euro 16), pen’ultimo romanzo dello scrittore (1998), mostra anche ai lettori italiani un lato meno noto di Selby. Il romanzo é dolente, duro come gli altri, ma permeato da una fede nel potere degli affetti mai trapelata altrove.
Da Ultima fermata a Brooklyn (Feltrinelli, pp. 248, euro 7,50) il libro-scandalo del 1964 che creò la sua fama maudit – un mosaico di storie brutali, protagonisti una prostituta che viene violentata e un omosessuale che adesca i ragazzini – al claustrofobico La stanza e alla “pietra miliare” Requiem per un sogno , Selby infatti non prevede il lieto fine.
E proprio nel Requiem pubblicato negli Usa nel ‘78 (e in Italia nel 2003, sempre da Fazi, pp.261, euro 15) lo scrittore sembrava aver toccato il fondo della disperazione, , sbriciolando l’ American dream
– 01/05/2006
Nel Bronx delle gang amarsi è un reato
Avanzano parallele le storie di Maria e di Bobby. Lei ha 13 anni ed è portoricana, lui un paio di più ed è nero. Vivono nel Bronx, a modo loro si amano. Vengono assaliti da una gang ispanica. Maria viene sfigurata, Bobby viene brutalmente picchiato. Lei si suicida, lui sopravvive. E da solo dovrà portare a termine la storia. Commuove e incanta questo romanzo che esce a due anni dalla morte dell’autore cult di Ultima fermata a Brooklyn.
– 01/05/2006
Una bella (ri)scoperta
Bobby ha 13 anni, è nero e vive nel Bronx con i suoi fratelli in una casa in cui i topi “grattano e squittiscono dentro il muro”. Un giorno, mentre va a scuola con Maria, la sua ragazza, una banda di portoricani pesta lui a sangue e sfregia lei (che si suicida qualche giorno dopo) con la soda caustica. Il resto? Il resto è l’incontro con Moishe, un sopravvissuto ai campi di sterminio, e la storia di un odio incontrollabile che decide di non farsi vendetta. Ma quello che fa la vera differenza è la prosa meravigliosa e schizofrenica di Selby. Quella vertigine che ti porta dentro l’abisso e dall’abisso ti fa uscire. Fidatevi: non leggerlo sarebbe un peccato.
– 17/05/2006
Segreti intriganti
Il salice (Fazi, pagg.314, euro 14,50). Hubert Selby jr ha lasciato questo romanzo provocatorio e grandioso che viene riproposto a due anni dalla morte dell’autore, scomparso nell’aprile 2004. È la storia di una grande amicizia, nel Bronx, tra un giovane ribelle di colore, Bobby, e Moishe, un sopravvissuto ai campi di sterminio. Ma la filosofia che l’ebreo cerca di inculcare in Bobby servirà a poco quando la fidanzata del ragazzo, brutalmente sfigurata da una banda di ispanici, decide di uccidersi.
– 01/05/2006
Hubert Selby Jr, Il salice
Se penso a Selby mi vengono in mente precisi istanti della mia vita. 1989, esco da un cinema di Ancona con l’aria stravolta e un’insana passione per Jennifer Jason Leigh, Tralalà nella trasposizione firmata Ulrich Edel di Ultima fermata Brooklyn . 1994, Alessandro Baricco in maniche di camicia legge Canto della neve silenziosa a Pickwick , e io piango abbracciato alla tv. Anno 2000, New York è tappezzata di manifesti con un occhio celeste che mi scruta implacabile. Sono le locandine della versione cinematografica di Requiem for a dream . Lui, Selby Jr presenta il libro alle Twin Towers: decido di non andare. Ci sarà un’altra occasione di rivedere l’uno e le altre, mi dico. Anno 2004, su un treno per Roma leggo su Repubblica che Hubert Selby Jr è morto dopo una lunga malattia. La sua vita è stata la sua lunga malattia. I suoi libri non parlano d’altro. Una lunga malattia per sopravvivere tra i reietti che Selby ha combattuto con le armi della scrittura, e che ha perso. Il salice è ingiustamente considerato opera minore del maestro. Ma per Selby la scrittura era l’unico modo per tenersi vivo, quindi niente opere minori sotto il suo nome.
– 03/06/2006
La violenza degli emarginati
– 27/05/2006
Colori e percezione per il maledetto Bronx
– 15/05/2006
il Salice
– 16/05/2006
L’America dei disperati