Siamo orgogliosi di presentare al pubblico italiano, con la pubblicazione di Il lungo sguardo, la grande scrittrice inglese Elizabeth Jane Howard. Di lei Martin Amis ha detto: «è la scrittrice donna più interessante della sua generazione». In occasione dell’uscita di uno dei suoi capolavori, pubblichiamo l’articolo di Stefania Vitulli apparso il 26 giugno 2014 sul «Il Giornale».
Prima che suo padre Kingsley avesse un’amante a Londra e che questa amante diventasse la sua «matrigna» ufficiale, Martin Amis era un giovane fannullone perdigiorno senza speranza di cambiamenti a breve termine. Poi, a suo dire, «l’energia e la determinazione» di Elizabeth Jane Howard, l’amante ufficiosa di suo padre nel frattempo divenuta la sua compagna ufficiale, lo hanno cambiato per sempre, fino a fare di lui lo scrittore, o almeno l’ embrione dello scrittore, che è. Era il 1963 quando i due si incontrarono per la prima volta: lei era alta e flessuosa, con un portamento da indossatrice, un metro di lunghi capelli biondi a sottolineare la regalità da dea e, in un certo senso, a nasconderne le straordinarie potenzialità intellettuali: non fu «Che donna intelligente» il primo pensiero del piccolo Martin, in quel momento, bensì: «Caspita, che dea». E invece fu lei a mettere in mano per la prima volta a uno dei più grandi scrittori contemporanei Dickens, Greene, Golding e persino Jane Austen, su cui i due si accanivano in discussioni sul flusso narrativo.
Fin qui sembrerebbe la storia di un padre intellettuale e del figlio testa calda che accolgono in casa uno splendido animale femminile da collezione. Non fosse che Elizabeth Howard covava un’abilità letteraria che nulla aveva da invidiare agli Amis, cosa che la sua fama nel Regno Unito ha negli anni ampiamente dimostrato: scomparsa da pochi mesi, la Howard è praticamente sconosciuta in Italia, ma si tratta di una delle più importanti scrittrici inglesi, è ancora ed è da anni in posizioni di classifica da capogiro nel suo Paese, è stata un’icona dell’emancipazione femminile. Ora Fazi porta in libreria uno dei suoi romanzi più sofferti e drammatici: Il lungo sguardo (pagg. 400, euro 17,50), e si tratta del primo passo verso la scoperta non solo del ruolo di una grande donna dietro due grandi uomini,ma di una grande scrittrice. Il romanzo è la storia di una coppia: nulla di più banale, nulla di più duro da raccontare. I Fleming, Antonia e Conrad, sono sposati da vent’anni e hanno due figli grandi, siamo nella Londra anni Cinquanta e la Howard ci narra quel che non possiamo vedere quando conosciamo due coniugi: il loro passato insieme e che cosa li ha portati ad essere il corpo unico e l’anima sola che paiono diventati. Amarezza, sacrifici, ipocrisie, provocatorie scenette di vita quotidiana ricordano ad ogni pagina che l’happy ending hollywoodiano non esiste e che quando ci si scambia la promessa di vita insieme si firma un patto con l’altra metà del diavolo che è in noi.
Classe 1923, londinese doc, la Howard ha sempre avuto al centro delle sue storie questo lungo sguardo femminile, mai retorico, di impareggiabile modernità, forse frutto dell’infanzia agiata ma infelice: cresciuta da una governante, circondata da una quantità più che abbondante di ricchezze e servitù grazie alla prosperità garantita da un padre mercante di legname, di quello stesso padre fu vittima abusata e ripetutamente molestata, priva della difesa di una madre ex star del balletto russo cronicamente depressa. I vent’anni trascorsi con Kingsley Amis non le tolsero un grammo della sicurezza in se stessa che mostrò di avere sin dall’inizio con quella famiglia di cinici intellettuali di ben altre origini sociali (Kingsley Amis era figlio di un impiegato di una fabbrica di mostarda, studiava grazie a una borsa Clapham ed era stato il prima della sua stirpe a frequentare l’Università): «Non ho mai pensato che fosse uno scrittore migliore di me» ebbe a dire del marito. «Sentivo solo che era uno scrittore diverso. Ma ha ricevuto denari, interesse pubblico e gloria in una misura che non mi ha mai raggiunta. A me non è mai successo di avere quel che ha avuto lui e penso che sia stata tutta sfortuna». Accusò di questo anche il suo editore, uno dei più grandi al mondo, Jonathan Cape, che disse troppo vecchio per capirla e che si rifiutò di metterla nei tascabili per paura che questa ne danneggiasse le vendite.
Ciononostante, Elizabeth sfornò quindici romanzi ed una gran fortuna editoriale la ebbe, soprattutto con la saga familiare The Cazalets Chronicles, di cui sono state vendute oltre un milione di copie e la cui pubblicazione italiana inizierà nel 2015 proprio per Fazi. Del marito raccontava che non sapeva bollirsi un uovo e in fin dei conti la casa dove vivevano l’aveva comprata lei. Eppure, nonostante sia stata sempre in prima linea per i diritti delle donne, non riuscì a vincere la guerra più importante, quella per la propria, di emancipazione: quando terminò di scrivere After Julius e lo presentò al caporedattore cultura dell’Observer, durante una cena di famiglia, quello – Terence Kilmartin – rispose: «È un’ottima cosa». E subito dopo si girò verso Kingsley per chiedergli se l’avrebbe recensito per il suo giornale.