Dobbiamo a Jonathan Franzen la riscoperta della grande scrittrice americana Paula Fox, autrice di numerosi romanzi per bambini e di sei eccelsi romanzi per adulti, troppo a lungo tralasciati dalla critica. Nella prefazione a una ristampa del 1999 di Desperate Characters (Quel che rimane, Fazi , 2003), l’autore di Le correzioni la ritenne superiore a Bellow, Roth e Updike e, dopo di lui, altri critici la paragonarono a Kafka, Chechov e Flaubert. Padrona di una prosa nitida ed essenziale, la Fox esplora i movimenti della vita interiore dei suoi personaggi attraverso immagini epifaniche di forte impatto visivo. Nel breve romanzo Quel che rimane il graffio di un gatto sulla mano della signora Bentwood, oltre ad essere il motore narrativo dell’ intera vicenda, materializza la paura dell’ignoto che tormenta i personaggi e rivela i mille risvolti del rapporto di odio-amore che lega la donna a suo marito. Storia di una serva, pur presentando un impianto strutturale più tradizionale, in bilico tra il Bildungsroman e il romanzo storico, rimane un lungo viaggio all’interno di una coscienza alla ricerca dell’auto-consapevolezza. Protagonista e voce narrante del lungo romanzo è Luisa de la Cueva, nipote di un proprietario di piantagioni di canna da zucchero nell’isola caraibica di San Pedro e figlia di una serva e di un rampollo della stessa famiglia di latifondisti che si era appropriata delle terre del nonno. Ruina! Ruina! sono le parole che aprono il romanzo, le parole scarabocchiate sulla lettera che suo nonno lasciò alla moglie prima di partire per andare a morire da qualche parte. Parole che segnano il destino della piccola Luisa, marchiata sin dai primi anni dalle stimmate della diversità. Disprezzata dalla famiglia del padre, Luisa vive in una stamberga e trova felicità e conforto nell’affetto della nonna materna che le offre un modello inimitabile di autosufficienza. Solo la penna di chi ha scritto per l’infanzia, poteva penetrare con tanta profondità e verità il punto di vista di una bambina forte e fragile, curiosa e rassegnata allo stesso tempo. La vita nelle piantagioni, la povertà della sua casa, le tensioni familiari e sociali sono filtrate dallo sguardo di chi comincia a dar forma alla propria coscienza e , sebbene rivissute nel ricordo, le sensazioni e le prime intuizioni di Luisa non perdono la loro originaria spontaneità. L’infanzia sarà sempre il paradiso perduto di Luisa che, poco più che adolescente, viene costretta dal padre ad abbandonare San Pedro per stabilirsi con la famiglia nei sordidi sobborghi della New York della Grande Depressione. Da questo momento in poi il presente e il futuro della ragazza verranno pensati in funzione di un ritorno al passato. Il racconto della vita adulta di Luisa assume infatti l’andamento dei moti delle onde del mare, con il periodico ritorno dei ricordi dell’infanzia che sembra modellare la sua percezione del presente. Luisa vive nell’emarginazione ma rifiuta con ostinazione il miraggio del sogno americano, condannandosi a prestare servizio presso alcune famiglie borghesi che ella usa come pietra di paragone per capire se stessa. Come sempre nei romanzi della Fox, il mondo esterno funziona da specchio all’interiorità dei personaggi. La lunga vicenda di Luisa, segnata da lutti, da un matrimonio fallito, dalla gioia della maternità sempre minata dal terrore della perdita, corre parallela alla storia americana dagli anni Trenta alla guerra del Vietnam, ma i numerosi avvenimenti politici e i rivolgimenti sociali pervengono al lettore attraverso lo sguardo interiore della protagonista . Luisa è legata alla quotidianità dei suoi lavori servili che sembrano assicurarle una apparente equilibrio. C’è in lei una ostinata volontà a ignorare i fatti del mondo , come se la non conoscenza fosse un diritto da rivendicare o una libertà da concedersi. Si accorge delle guerre perché le portano via persone amate, fa caso ai movimenti pacifisti degli anni Settanta perché si ripercuotono sui comportamenti dei coetanei del figlio. Luisa è acuta e intelligente e avrebbe potuto costruirsi un’altra vita. Ma il suo compito più incombente consiste nel ricucire le sue ferite affettive, nel colmare i suoi vuoti e nel dare un senso alla sua stessa solitudine. La sua scuola di vita è la strada e la sua conoscenza del mondo è favorita da un acuta capacità di ascolto e di osservazione. La sua fervida immaginazione si nutre di sogni , ma profonda è la sua percezione delle assenze e del bisogno di appartenenza. Ci sono momenti in cui sembra vicina alla comprensione di se stessa, soprattutto quando decide di tornare a San Pedro per ritrovarsi. Ma le illuminazioni epifaniche di Luisa sono sempre parziali perché la narrativa della Fox offre indizi di verità senza mai azzardare risposte definitive. Nonostante la complessità del mondo interiore di Luisa, il romanzo, come anche gli altri della Fox, mantiene una struttura corale. I numerosi personaggi che popolano la scena, lungi dall’essere secondari, si sviluppano a tutto tondo e svelano gli anfratti più remoti delle loro personalità interagendo con la protagonista. Gli abitanti del piccolo villaggio caraibico, la comunità di immigrati ispanici dei sobborghi di New York, le infelici famiglie borghesi che traggono sollievo dalla silenziosa metodicità del lavoro di Luisa, svelano un ampio spaccato sociale e antropologico dell’America di quegli anni.
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