J. Bernlef
Chimere
Traduzione di Stefano Musilli
Nella sua prima traduzione italiana, uno dei romanzi più importanti del Novecento olandese: un classico moderno che in patria ha venduto quasi un milione di copie e continua a formare nuove generazioni di lettori.
I coniugi olandesi Maarten e Vera, settantenni, vivono da tempo negli Stati Uniti, sulla costa a nord di Boston. Vedono raramente i due figli, Kitty e Fred, che abitano nei Paesi Bassi. La loro è una vita abitudinaria, scandita da piccoli riti: le passeggiate con il cane Robert, le visite dei vicini, le puntate al pub locale, la pizza della domenica. Il mondo di Maarten comincia a sgretolarsi quando una mattina si affaccia alla finestra e non trova quello che si aspettava: al posto dei bambini chiassosi in attesa dello scuolabus, vede soltanto un paesaggio innevato. «È domenica», gli ricorda Vera. Per la prima volta, Maarten si accorge di provare una «sensazione di momentanea assenza in piena coscienza, un senso di smarrimento, di spaesamento». Il suo primo istinto è quello di dissimulare, minimizzare, non farne parola con la moglie prima di capire perché il passato e il presente sempre più spesso si confondono e i ricordi diventano un’illusione sfuggente…
Chimere è un romanzo sulla memoria, sul conflitto tra realtà e percezione, ma anche una riflessione sulla lingua come strumento che plasma e disfa l’esistente. Con una scrittura gentile, senza mai concedersi sentimentalismi, Bernlef riesce a infondere nelle pagine di questo suo piccolo capolavoro un’umanità quasi palpabile, che avvince e commuove.
«Bernlef conferisce una tale intensità al racconto di questa storia orribilmente affascinante che abbiamo la sensazione di accompagnare Maarten nella sua discesa, non come osservatori ma come partecipanti alla sua tragedia».
«The New York Times»
«La mente di Maarten svanisce, centimetro dopo centimetro, e alla fine si dissolve. Il resoconto di Bernlef di questo terribile viaggio è inflessibile e molto toccante».
Harold Pinter