Léo Malet
L’ombra del grande muro
Traduzione di Giuseppe Di Liberti
A cura di Luigi Bernardi
Considerato un libro di culto tra gli affezionati di Léo Malet, L’ombra del grande muro è il primo dei romanzi “fuori serie” di Malet, in cui l’autore incrocia per un momento quel noir di cui è inventore con il linguaggio e le atmosfere dell’hard boiled. Il grande muro che dà il titolo al romanzo è il muro di cinta del penitenziario di Ossining, New York, dove è rinchiuso il dottor Crawford, la cui storia drammatica Malet ci racconta con lo stile asciutto e denso di sempre. Condannato innocente a tre anni di carcere pur di proteggere l’onore di una donna, Crawford impara in prigione un nuovo codice di comportamento e, scontata la pena, abbandonato dagli amici, senza più nulla, privato persino del diritto di esercitare la professione, si lascia travolgere nella spirale del crimine organizzato. Capitato in mezzo a una banda di gangster, ne diviene infatti il medico e la sua vita si consuma tra assalti in banca, fughe spericolate, revolverate, feriti da salvare e cadaveri di cui disfarsi, fino a quando l’ombra del grande muro, rimasta in lui come un segno indelebile, inesorabile ritorna. Più che l’intreccio e l’indagine è però la vicenda umana a dominare questo romanzo, una vicenda segnata da una sorte crudele e senza vie d’uscita a margine di quell’America anni Trenta fatta di gangster, whisky e revolver facili, di cui tanto abbiamo letto, visto e immaginato. “Trascinavo con me l’ombra del grande muro e sulla mia persona l’impronta della grigia dalle sbarre d’acciaio, cruciverba nel quale non si scrive mai l’aggettivo libero”.
– 11/12/2004
Nero Natale
– 08/01/2005
La prigione marchia l’innocente di Léo Malet
– 12/10/2004
Tra noir e hard boiled
– 01/01/2005
Léo Malet: discesa all’ inferno in quel di New York
La cinta muraria del penitenziario di Os-sining che dà il tito-lo al romanzo, ” Il gran-de muro”, è a New York, dove il Dottor Lew Crawford ha scontato in-giustamente tre anni di pena.
Qualcuno lo ha incastra-to alla perfezione in una torbida storia di omici-dio e le accuse contro di lui sono montate ad ar-te. Inizia così l’amara vi-cenda di Crawlford, mal-trattato dalla sorte, di-silluso e desideroso di trovare un po’ di confor-to una volta riacquistata la libertà. Purtroppo in-vece il destino consegna Crawford direttamente tra le braccia di una donna conturbante e, indirettamente, nelle mani di una banda cri-minale della quale entra a far parte nel ruolo di medico “estrai pallottole”. Una nuova esistenza tutta illegale per il no-stro eroe, che si macchia di crimini notevoli (finalmente colpevole!) di-venendo al contempo l’angelo custode del gruppo, salvando la vita di molti dei suoi compa-gni di scorribande. Al protagonista piace la sua nuova esistenza, vi-sto che nessuno dei vec-chi amici sembra ricordarsi di lui, tanto vale crearsi una nuova identità con degli amici particolari, criminali certo, ma dopo un po’ ci fa l’abitudine.
Una cronaca lucida di un tipo di società che non perdona, una New York anni ’30 che continua a camminare lungo il sentiero della democrazia e della ricchezza, ma non aspetta chi è rimasto indietro: chi ha bisogno di un aiuto o di una riabilitazione deve cercarla altrove, magari tra i criminali, dove l’onta della detenzione è facilmente dimenticata.
Lèo Malet considerato un maestro del genere noir, ne “L’ombra del grande muro” fa percepire anche un influsso hard-boiled. Non biso-gna infatti confondere i generi. A differenza del poliziesco o del thriller, il noir è incentrato quasi esclusivamente sulla vit-tima e le sue disavventu-re e meglio se queste di-savventure lo fanno sci-volare (Crawford nel no-stro caso) in un abisso indistinto di malvagità, e perdizione. Per il re-sto, che si tratti della ro-mantica Parigi o della caotica New York, per Malet non fa alcuna differenza.
L’atmosfera è cupa, i locali sono fumosi, le strade deserte e livide, le donne sono brune dal sapore latino o bionde dal fascino algido, gli uomini sono dei duri dai principi morali più o meno approssimativi e non mancano mai di tenere stretta tra le labbra una sigaretta o una pipa…Il pensiero guida nei romanzi di Malet è poco ,confortante e molto elo-quente: visto che l’ ordine è il male, allora non si sfugge dal male che commettendo altro male, -magari di grado peg-giore.
Molte volte sì è tentato di confrontare i due grandi della letteratura “gialla” francese, Sime-non e Malet, ma i loro personaggi, così come le atmosfere e i caratteri, appartengono a due mondi differenti, anzi opposti, l’unica analogia tra l’ispettore Maigret di Simenon e l’ investiga-tore Nestor Burma di Malet è la città di Parigi che fa da sfondo ad alcu-ne delle inchieste dei due investigatori.
Anche qui però ci sono delle differenze sostan-ziali, un po’ come se due pittori di uguale fama ma diverso stile decides-sero di cogliere l’essenza di una stessa città.
– 23/11/2004
Otto storie tra il giallo e il nero
Un medico viene incastrato in un omicidio: per non compromettere una donna, tace e va in galera. Impossibile la redenzione a pena scontata. Un capolavoro del noir.
– 17/02/2005
Una gangster story che parla francese
– 20/01/2005
LEO MALET
L’ombra del grande muroè il romanzo di Léo Malet che più si avvicina alle opere tragiche della Trilogia nera, e di cui presenta tutti i temi più interessanti. La storia è ambientata negli Stati Uniti, quando, nel 1942, lo scrittore, che viveva sotto l’occupazione nazista della Francia, cercava di guadagnarsi da vivere con storie avventurose in perfetto stile pulp, firmate sotto pseudonimo. Questa è una letteratura che risente fortemente l’influsso del cinema e delle sensazioni più immediate, con dialoghi ridotti al minimo e descrizioni essenziali, lasciando all’azione il compito di tenere il lettore avvinghiato alle pagine. Anche se era ancora un giovane scrittore, Malet aveva già chiaramente compreso che la letteratura, anche quella dozzinale, gli consentiva di mettere in campo tutto il proprio bagaglio di esperienze e amarezze che la sua vita difficile gli aveva offerto a profusione. Era stato molto tempo in assoluta povertà ed era sopravvissuto anche grazie alla solidarietà delle comunità anarchiche di Parigi, e per questo era stato deportato in campo di concentramento. La sua era una vita che condivideva con l’illegalità molti aspetti, e che gli ha permesso di comprendere come pochi quel meccanismo di esclusione e di condanna anticipata che ha descritto in molti romanzi. Così è per un medico ingiustamente accusato di omicidio, il rpotagonista de L’ombra del grande muro, che porta dentro di sé l’ombra proiettata dal muro di cinta del carcere, e la cui vita è segnata perché sono solo i fuorilegge a offrirgli conforto e aiuto. In una realtà che sembra cospirare contro i protagonisti per impedire che si salvino, Malet diffonde il proprio pessimismo e un senso di isolamento fuori dal comune. Costretti a essere criminali, i protagonisti di questi romanzi hanno come speranza solo la fuga, una fuga senza fine destinata ad arrestarsi davanti alle pistole della polizia. Una vita vissuta alla giornata, in attesa dell’agguato finale, consumata nell’anonimato, chiusi nei covi, spesso in solitudine.
Uno schifo di vita, appunto.
– 29/10/2004
L’ombra del grande muro
Francese, maestro del noir, Malet è giudicato (non a torto) migliore di Simenon. Questo è forse il suo capolavoro. Un medico, condannato innocente al carcere, impara in prigione le regole della malavita dalle quali non si libererà più. Ambientato nell’America degli anni Trenta, è più convincente di molti romanzi e film americani (genere gangster e whisky) sull’argomento.
– 06/10/2004
L’ombra del grande muro
Un medico, innocente, viene condannato e rinchiuso in un penitenziario a New York. La vita in carcere cambia il suo sistema di valori, al punto da trasformarlo nel complice di una banda di gangster. Un noir francese perfetto dove il grande Léo Malet sa creare la giusta atmosfera maledetta e dove la suspence si sposa con una scrittura magistrale.
– 08/01/2005
L’ombra del grande muro
I due romanzi polizieschi pubblicati sotto pseudonimi americani, John-nyMetal (1941) con il nome di Frank Harding e La mort de Jim Licking (1942) con la firma di Leo Latimer. Aveva poco più di trent’anni e i suoi numi tutelari erano i maestri americani dell’hard boiled, Dashiell Hammett, James Cain e Raymond Chandler, 1 creatori di personaggi malinconici e cinici, violenti e romantici, dark ladies affascinanti e pericolose che si muovono in ci.ttà malavitose dove echeggiano gli spari di rivoltelle da auto in corsa .lanciate a tutta velocità e bande criminali si affrontano tra fumo di sigari, partite a poker, bottiglie di gin e pollici che scorrono lungo le bretelle.
L’ombra del grande muro è il terzo romanzo di Jfdalet, il primo firmato con il suo nome. Scritto nel 1942 è pubblicato nel 1944, dopo 120, rue de là Gare, dove appare per la prima volta l’investigatore Ne-stor Burma, viene ora tradotto in italiano e curato da,Luigi Bernardi, che lo definisce «una classica gangster story», «un. noir maledetto». Se nei romanzi precedenti Malet aveva affilato gli strumenti del mestiere, pronto per il grande salto e si presenta al pubblico con una storia forte, serrata nella struttura ed efficacissima nel linguaggio.
Il protagonista della vicenda è un giovane chirurgo, . Crawford, che sconta tre anni di prigione per un delitto che non ha commesso. La sua amica Evelyn Stacy è stata assassinata e ai piedi del letto è stato rinvenuto un gemello di valore, un modello unico da quattrocento dollari,-appartenente a Crawford. Il chirurgo si è lasciato accusare come colpevole per non compromettere la sua amante, moglie di Un uomo potente, «grasso e lucido come un maiale», aspirante alla carica di sindaco di Nèw York.
Uscito di galera, non riesce a liberarsi del marchio della prigione, «l’ombra del grande muro», e diventa il medico di una banda di criminali. Mahoney, il precedente dottore a cui salva la vita quando il capo intende eliminarlo perché non si è fatto trovare pronto a prestargli le sue cure dopo una sparatoria, gli svela l’identità dell’assassino di Evelyn. E Crawford prepara la sua vendetta.
Come scrive Malet nella premessa, questo romanzo è «la storia di un innocente che la fatalità spinge nel fango sanguinoso del crimine». Ambientato nell’America degli anni Trenta, un paese che l’autore non ha mai visto, ricostruito con il filtro della memoria cinematografica e letteraria, è un noir asciutto, senia concessioni allo spettacolo, sorretto da una scrittura tesa che tiene il lettore con il fiato sospeso sino alla fine. Anticipa la Trilogie noir (1969), che uscì con la celebre copertina disegnata da Magritte, ed è superiore alle avventure di Néstor Burma nella serie dei «Nuovi misteri di Parigi», 15 romanzi ambientati nei diversi quartieri della città, interessanti più per la suggestione davvero fascinosa delle atmosfere anni Cinquanta che per la geometria degli intrecci, talvolta un po’ confusi e squilibrati.