Michel Onfray
La scultura di sé
Per una morale estetica
Traduzione di Gregorio De Paola
Dopo il crollo delle grandi ideologie, la filosofia sembra incapace di offrirci strumenti per orientare la nostra esistenza: al suo posto, trionfano religioni di massa e mode spiritualistiche. Di contro ne La scultura di sé, che all’interno del suo antisistema prende il posto dell’etica e della scienza del buon vivere, Onfray lancia una vigorosa difesa di una morale laica e vitale, al contempo individualista e “generosa”, schierando al proprio fianco gli spiriti ribelli della Storia: l’artista e il torero, il dandy e il samurai, il dongiovanni e l’anarchico.Nella sua lotta contro le morali “della rinuncia”, Onfray rintraccia la chiave della nuova etica nel tradizionale concetto di virtù: non però le virtù cristiane, ma quelle elaborate nel Rinascimento italiano ed esemplificate magistralmente dall’immagine del Condottiero, vero campione della morale estetica. Come in un’antica rappresentazione allegorica, allora, ogni figura passata in rassegna incarna una qualità che l’uomo moderno dovrebbe secondo Onfray recuperare: lo slancio vitale (l’artista) e l’autocontrollo (il torero), l’originalità (il dandy) e la determinazione (il samurai), l’abilità persuasiva (il dongiovanni) e l’individualismo (l’anarchico). Così, sulla scorta di Nietzsche – la cui presenza accompagna costantemente Onfray –, viene motivato il rifiuto della privazione e della sottomissione, della repressione degli istinti e della mortificazione delle pulsioni vitali, ed esaltati al loro posto i valori dell’eleganza, dell’amicizia, delle affinità elettive, della raffinatezza, dell’edonismo. Un individualismo dai tratti anarchici ma munifico e solidale, che rende la prospettiva onfrayana un fecondo a parte nel pensiero etico della contemporaneità.
«La scultura di sé presuppone una vitalità traboccante, il recupero della virtù rinascimentale contro la virtus cristiana, un talento per l’eroismo, una forte individualità, l’assenso all’abbondanza, la capacità di essere prodighi».
Michel Onfray
«Un saggio vivace e senza “polvere”… Onfray preferisce gli aristocratici, creatori di istanti, a quei bacchettoni che credono di guadagnare in grandezza ogni volta che perdono in voluttà… ma sa evitare la trappola che trasforma il gaudente solitario in boia sadiano. Nella cura di sé si sforza di fondare la relazione con gli altri: senza il piacere non c’è morale… Un pensiero che ignora superbamente le note a piè di pagina».
«Le Monde»
«La scultura di sé è un percorso erudito attraverso i sentieri dimenticati della storia e le strade segrete, spesso trasversali e deviate, della filosofia e dell’arte».
«Le Magazine Littéraire»
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