Léo Malet
Nodo alle budella
A cura di Luigi Bernardi
Traduzione di Luciana Cisbani
Paul Blondel sogna tutte le notti un piccolo uomo grigio. Quella figura, che non conosce e non sa da dove tragga origine, è diventata un incubo che gli impedisce di trovare riposo. Per dargli corpo, Blondel rivive le ultime settimane della propria vita, da quando, piccolo truffatore, ha conosciuto Jeanne, una ragazza bellissima, nata per la passione, e per amore di lei ha fatto il passo più lungo della gamba, aumentando la portata delle proprie truffe, e finendo in una banda dedita a furti e rapine. Il piccolo uomo grigio si materializzerà in seguito, quando Blondel avrà finito di ricordare. E l’incubo, fino ad allora riservato ai sogni, prenderà una nuova forma e cambierà per sempre le sue giornate costringendolo a una fuga senza speranza da chi lo ha tradito, da chi gli addebita anche i crimini che non ha commesso, e soprattutto dalla propria sconfitta di uomo. Ultimo capitolo della Trilogie Noire, Nodo alle budella, finora inedito in Italia, ne è l’atto finale amarissimo e disperato, uno dei vertici assoluti dell’intera opera narrativa di Léo Malet.
«C’era un solo cuore, e stavo per sputarlo fuori; un solo stomaco, e talmente chiuso che non si sarebbe più aperto. Ricominciavo, molto semplicemente – e seriamente – a farmela sotto».
– 08/03/2003
I falsi gioielli di Malet tra bistrot, pupe, sogni
PAUL Blondel, “una rozza canaglia dedita alle più miserabili truffe”, è il protagonista di Nodo alle budella, che conclude la Trilogie noire di Léo Malet, pubblicata nel 1969 dall’editore Losfeld. Scritto alla fine degli Anni Quaranta, dopo La vita è uno schifo (1948) e Il sole non è per noi (1949), doveva uscire nelle Editions du Scorpion, ma rimase inedito per vent’anni a causa della improvvisa chiusura della casa editrice. Il cruccio di Malet, come rivela Luigi Bernardi nella postfazione, era quello di non essere pubblicato nella “Série Noire” di Gallimard. A mandare in bestia lo scrittore fu il fatto che il direttore, Marcel Duhamel, trovasse i suoi romanzi troppo “populisti” dopo averli soltanto “sfogliati” e non “letti”. Paul, che narra la storia in prima persona, fa un sogno ricorrente: un occhialuto e grigio impiegato dell’ufficio postale lo tormenta e lo umilia davanti a tutti come un “demone aguzzino”. Per attuare la truffa dei finti gioielli, si mescola nella folla di un mercato e avvicina Jeanne, una prosperosa bionda che ascolta il discorso di un ambulante, per offrirle un braccialetto. Folgorato da “un paio di tette”, la segue nel cortile di un bistrot di periferia, dove viene smascherato, ma finisce avvinghiato in “un lungo, silenzioso, soffocante bacio”. Jeanne è lo specchietto delle allodole per attrarre i clienti del bistrot, di proprietà di un suo prozio, ex ricettatore, un vecchio guardone che mediante un armadio a specchio osserva gli uomini che vanno a letto con lei. Un giorno arriva l’ex amante, capo di una banda dai nomi pittoreschi, Pierrot la Scimmia, Jim il Matto, Paltò di pelle, dedita a furti e rapine. Paul si aggrega per amore di Jeanne, che intanto lo ha tradito con un altro malavitoso, ma durante un colpo ai Magazzini Generali, quando vede un impiegato occhialuto, gli spara e lo uccide. Ora può fare sonni tranquilli, finalmente liberato dall’incubo onirico, ma è costretto a fuggire per le città di provincia, braccato dalla polizia che gli addebita anche crimini non commessi. Vive sotto falso nome in luridi alberghetti, dormitori per barboni, bordelli, baracche. La paura gli impedisce di assaporare il riposo del sonno, “la sola condizione in cui mi sentivo pulito e puro”. Finisce nel Sud della Francia, nella villa di una donna che lo ama, ma ormai non si fida più di nessuno. Non si può svelare il finale di un noir. Possiamo però dire che per gli eroi disperati di Malet, che non sono “un granché, niente a che vedere con Napoleone, nemmeno alla lontana”, il male è un imbuto da cui è impossibile uscire, uno sprofondamento agli inferi. Forse troveranno la pace nella cella del carcere, ma se si addormentano ritornerà l’ossessione dell’impiegato occhialuto. E’ uscito anche I ratti di Montsouris, il terzo de “I nuovi misteri di Parigi”, quindici romanzi scritti da Malet tra il 1954 e il 1959 e ambientati nei vari quartieri della capitale francese. A risolvere il caso del XIV arrondissement è sempre l’ispettore Nestor Burma, che si muove tra luride stamberghe e acquedotti sotterranei, rapinatori di ville e rosse provocanti e ninfomani. Questo romanzo, non impeccabile nella traduzione, ci pare però meno convincente nel ritmo e più sgangherato nell’intreccio rispetto ai due precedenti.
– 20/12/2002
Nodo alle Budella
Approfitti di Malet chi ha ancora la fortuna di non conoscerlo; il piacere della scoperta sarà grande essendo Malet non inferiore a Smenon come autore di magnifici romanzi gialli. O giallo-neri piuttosto, come il titolo qui segnalato che chiude per l’apppunto la sua Trilogie noire e rappresenta uno dei vertici della sua narrativa: disperata, umana, piena di suspense.
– 01/12/2002
Nodo alle budella
IL LIBRO Paul Blondel è un pesce piccolo della mala parigina: delinquente mediocre, vivacchia di espedienti ai danni di vecchiette e sprovveduti. Circondato da un’umanità sudicia e grottesca compie l’errore di innamorarsi della bellissima Jeanne, e sedotto dalla finta innocenza di lei ne asseconda l’avidità in una degradante spirale di umiliazione e follia. In un’atmosfera da incubo lucido, dove il sogno e la veglia sono le facce della stessa miserabile realtà, seguiamo Blondel nella sua fuga da se stesso e dai suoi demoni: non avrà scampo. Uno scoinvolgente noir che avvince subito il lettore, dalla scrittura amara ed essenziale, con un protagonista, perdente senza gloria, che si ricorda a lungo.
L’AUTORE Malet (1909-96) è uno dei maggiori autori francesi di polizieschi. Questo libro chiude la sua trilogia noir, tutta pubblicata da Fazi.
– 06/12/2002
Nodo alle budella
E’ il romanzo che chiude la trilogia aperta con “La vita è uno schifo” e “Il sole non è per noi”. Chi è l’uomo piccolo, vestito con un camice grigio, con occhiali, baffi e un’espressione ostile e che perseguita nel sogno Paul Blondel, un piccolo travet della truffa che per amore è finito nel giro grosso del crimine? Lo sapremo accompagnando Paul nei suoi ricordi e in quel che accade alla fine di essi, in un romanzo dalla tormentata vita editoriale nel quale il senso della sconfitta respira fin dall’inizio nelle strade, nelle stanze, nelle imprecazioni.
– 12/12/2002
Paris Blues
La geografia “in noir” della capitale francese nei romanzi di Léo Malet
Ha costruito una geografia dell’anima in rivolta che è insieme specchio di un mondo proletario, talvolta disperato, molto più spesso semplicemente alla deriva. Sovversivo per indole prima ancora che per cultura, Léo Malet è considerato come il padre della letteratura noir d’oltralpe, il maggiore riferimento per autori come Jean-Patrick Manchette, Didier Daeninckx, Thierry Jonquet. Nelle sue storie poliziesche ha raccontato una Parigi in bianco e nero, fatta di angoli sordidi e pericolosi e popolata da una umanità di poveri cristi, quasi predestinati a ricevere dalla vita solo colpi bassi. Un’immagine fosca della capitale francese che non a caso è piaciuta al disegnatore Jacques Tardi, che di Malet ha illustrato le storie e i personaggi.
Eppure nella sua lunga e difficile vita – è morto nel 1996 a ottantasette anni -, Léo Malet ha conosciuto e attraversato esperienze e atmosfere che ne fanno un personaggio che si fa fatica ad inquadrare nel panorama culturale francese del Novecento.
Anarchici e surrealisti
Compagno di strada dei surrealisti, amico di André Breton, Salvador Dalì e Jacques Prevert, e in contatto con René Magritte, e lui stesso autore di poesie e curiose opere grafiche ottenute riproducendo allo specchio le fotografie, con lo stile del “decollage”, Malet si sposta negli anni Venti da Montpellier a Parigi. Prima di approdare alla letteratura fa mille mestieri, tra cui l’operaio e il magazziniere, ma anche il cantante di cabaret. Animatore dei circoli anarchici e redattore del giornale libertario “L’insurgé”, sarà prima arrestato dalla polizia francese nel 1940 per “attentato alla sicurezza dello Stato” e quindi dagli occupanti nazisti, che lo interneranno allo Stalag X2, tra Brema e Amburgo. Nel dopoguerra, quando la sua carriera di romanziere ne farà un personaggio molto noto nel paese, ma sempre schivo e estraneo ai cliché dell’industria culturale, la sua distanza dalla politica, ma non dal temperamento libertario, continuerà a crescere. Questo fino all’epilogo degli ultimi anni di vita, quando Malet sembrerà addirittura avvicinarsi alle posizioni xenofobe dell’estrema destra di Jean Marie Le Pen.
In mezzo, nel corso di questa vita contraddittoria, ci sono gli oltre trenta capitoli delle avventure di Nestor Burma, il personaggio dell’investigatore privato un po’ sfigato creato da Malet negli anni Quaranta, e almeno un’altra decina di titoli, tra gialli, noir e romanzi di cappa e spada.
Proprio in questi giorni l’Editore Fazi manda in libreria Nodo alle budella (pp. 196, euro 12,50) che completa, dopo Le vita è uno schifo e Il sole non è per noi, la “Trilogie Noire” considerata il capolavoro di Malet. Se è a Nestor “Dinamite” Burma che lo scrittore deve infatti la propria popolarità, e un successo di vendite che in Francia si è mantenuto inalterato per oltre un trentennio, con questi tre romanzi Malet estende il campo del noir a una sorta di ricostruzione disperata, che prende corpo pagina dopo pagina, dell’impossibilità di vivere fino in fondo l’amore e la passione, senza esserne travolti a rischio della stessa vita.
Sogni e incubi
Ribelli anarco-comunisti o semplici banditi di strada, avventurieri della rivoluzione o borghesi in crisi che cercano di fare il grande salto, i suoi personaggi sembrano scontrarsi inesorabilmente con i loro stessi limiti, misurando tutta la terribile discesa agli inferi che finisce per trasformare i loro sogni in incubi senza fine. «La resa dei conti con questo incubo – scrive Luigi Bernardi in un breve intervento che conclude questa prima traduzione italiana di Nodo alle budella, pubblicato originariamente in Francia nel 1969 – segnerà per Paul Blondel (il protagonista del libro) l’impossibilità di tornare indietro, cercare passi diversi sui quali incamminare la propria vita. E’ un destino che lo lega a quello di Jean Fraiger e André Arnal, i protagonisti di Le vita è uno schifo e Il sole non è per noi. Tutti e tre sono uomini per i quali il destino ha scelto la fine peggiore: cercano di opporsi al male della società commettendone a loro volta, ma è uno scalciare a vuoto, una ribellione che non produce risultati apprezzabili. Per Léo Malet, invece, che quello scalciare e quelle ribellioni deposita nel cuore e nell’intelligenza dei propri lettori, la “Trilogie Noire” rappresenta il vertice della sua narrativa, un’opera che riscrive e codifica la grammatica del romanzo noir nella sua formulazione più genuina».
Sullo sfondo ancora una volta le atmosfere misteriose e talvolta miserabili di Parigi. Perché i diversi territori della metropoli francese hanno trovato davvero in Malet il loro più attento cantore. In particolare la serie dei “Nuovi misteri di Parigi”, di cui è protagonista Nestor Burma – e di cui sempre Fazi ha già pubblicato Nebbia sul Ponte di Tolbiac, Febbre nel Marais e, in questi giorni, I ratti di Montsouris (pp. 169, euro 8,50) – si articola lungo il tracciato dei quindici arrondissement metropolitani, definendo, di avventura in avventura, una vera mappa “in noir” della città.