Dawn Powell

Angeli a colazione

COD: bcbe3365e6ac Categoria: Tag:

Collana:
Numero collana:
56
Pagine:
280
Codice ISBN:
9788881123339
Prezzo cartaceo:
€ 16,00
Data pubblicazione:
31-05-2002

Traduzione di Alessandra Osti

Una satira al femminile, profondamente caustica e spensieratamente amorale. Lou Donovan e Jay Oliver sono due dirigenti d’azienda sfrenatamente ambiziosi, sempre dediti all’impaziente ricerca di un affare da concludere e una nuova donna da conquistare. Costretti a fare la spola da un ufficio all’altro, a districarsi tra le mogli e le amanti, questi uomini d’affari sono persone “normali”, di quelle, dice Dawn Powell, “che dicono una cosa e ne fanno un’altra, che avvertono chi gli sta vicino del pericolo mentre loro, invece, ci si tuffano dentro”. I personaggi femminili sono altrettanto complessi: l’incantevole Ebie, romantica e intelligente pubblicitaria; Trina Kameray, giovane senza scrupoli ma dal fascino europeo; la signorina Frey, segretaria saggia e sensibile; Flo, la chiassosa e volgarissima consorte di Jay; Mary Donovan, aristocratica, discreta e apparentemente rassegnata.

Scritto con l’aiuto di sostanze eccitanti come la benzedrina e in tempi brevissimi, Angeli a colazione è un romanzo teso, veloce, divertente e dal “linguaggio consapevolmente serrato”, per usare le parole di Gore Vidal. Di stupefacente modernità, perché anche oggi, come scrive Tim Page, biografo dell’autrice, non è raro incontrare “i discendenti di Donovan e Oliver, mentre corrono a prendere l’aereo e latrano furiosamente al cellulare”, quando uscì nel 1940 vendette poche copie, ma alla fine del decennio era già divenuto il più famoso tra i capolavori comici di Dawn Powell, il libro di culto per coloro che pensavano esistesse solo un mondo: quello vivace e high-class della Manhattan bene. Nata in una piccola cittadina dell’Ohio nel 1896 e trasferitasi a New York giovanissima, Dawn Powell, riscoperta negli ultimi anni grazie a Edmund Wilson e Gore Vidal, è oggi considerata una delle maggiori scrittrici americane del Novecento. Finora inedito in Italia, Angeli a colazione è il terzo dei romanzi della Powell ad essere pubblicati da Fazi Editore, dopo The Golden Spur (2000) e Gira magica ruota (2001).

«Un romanzo intrigante, composto di arguzia, durezza e satira».
«Herald Tribune»

ANGELI A COLAZIONE – RECENSIONI

 

IL VENERDÌ DI REPUBBLICA
– 06/09/2002

 

Manhattan 1940: sesso, whisky e veleni

 

Scritto di notte sotto l’effetto della benzedrina come On the road, ma lucido e tagliente come un racconto di Dorothy Parker. Spaccato corrosivo ed esilarante dell’high society newyorkese negli anni ’40. Manager, mogli, amanti, cocktail, chiacchiere e peccatucci. Un romanzo che si gusta come una sophisticated comedy, capolavoro della scrittrice riscoperta ammirata da Gore Vidal.

 

GRAZIA
– 20/08/2002

 

Sex and the city anni ’40

 

Scritto programmaticamente di notte, sotto l’effetto di sostanze eccitanti come la benzedrina, quello che è considerato il capolavoro di Dawn Powell è datato 1940. Eppure il suo caustico ritratto della Manhattan high class dei manager Lou Donovan e Jay Oliver e delle loro mogli e amiche è d’inquietante attualità. Mancano solo l’incubo Aids e il trillo dei cellulari.

 

Masolino d’Amico, TUTTO LIBRI
– 20/07/2002

 

Come ti rovino il matrimonio

 


L’illustre critico Edmund Wilson, che le fu amico, accostò spesso Dawn Powell per l’umorismo acre dei suoi romanzi a Evelyn Waugh e a Muriel Spark; della sua quasi coetanea e rivale Doroty Parker nessuno osava parlare davanti a lei, per evitare una reazione violenta. Brillante anche come giornalista, autrice di commedie, piccola, rotonda e aggressiva come persona, Dawn Powell negli anni trenta regnava infatti alla Cedarn Tavern, luogo di riunione antagonistico nei confronti dell’Algonquin, il capoluogo riconosciuto della spregiudicatezza letteraria newyorchese, frequentato dai vari Benchley e Thurber, dove Doroty Parker era la stella più fulgida.
Nella grande mela la Parker era sbarcata a vent’anni per non allontanarsene mai più, reduce com’era da un’infanzia infelicissima nell’Ohio.
Anche le sue storie sono quasi sempre ambientate nella metropoli, o più di rado in un travestimento dell’Ohio sotto un nome di fantasia. Quanto alle trame, lei stessa, ammiratrice dichiarata del “Satyricon” di Petronio, scoraggiò chiunque avesse voluto riassumerle. Le descrisse come le peripezie illogiche compiute durante gli sforzi che gli esseri umani compiono per rovinarsi con le proprie mani. “I miei personaggi,” scrisse, “non sono schiavi della propaganda di un autore. Io do loro la testa. Loro pensano a procurarsi il cappio in cui infilarla”.
L’odierno Angeli a colazione, che è del 1940 (cen’è una revisione del 1956 sotto un altro titolo), fu scritto quando la scrittrice era ormai perfettamente padrona del suo mondo e dei suoi mezzi, e forse può essere considerato il suo capolavoro. Comincia con una situazione classica anche del cinema americano di quegli anni, con due uomini in uno scompartimento del treno che porta da Chicago a New York Doroty Parker. I due amici sono euforici, scherzano con l’addetto dal quale si fanno ripetutamente portare da bere. Entrambi hanno affari e progetti nella metropoli, ed entrambi hanno lasciato a casa la moglie, che sono convinti che di sapersi rigirare come vogliono. A una stazione intermedia salirà l’amichetta di uno dei due, una disegnatrice pubblicitaria che non disdegna le avventure con uomini sposati. All’arrivo alla stazione di New York però, sorpresa: la moglie di quello che ora viaggia con l’amichetta è arrivata inopinatamente con l’aereo e è venuta a prenderlo, accompagnata dalla madre. Prontamente l’altro manager finge che la disegnatrice (questa da brava sportiva sta al gioco) stia li per incontrare lui, e se la porta via con un taxi, naturalmente finendoci a letto.
Il resto del romanzo racconta, attraverso vari episodi in più ambienti e durante alcuni anni, come i due amici, ciascuno dei quali si ritiene più furbo dell’altro, riesca a rovinare il proprio matrimonio e a costruire per quanto possibile l’infelicità sua e di chi gli sta intorno. Il punto è che con l’unica parziale eccezione della disegnatrice di cui sopra, una scioccherella di buon cuore, e della segretaria di uno dei manager, saggia ma decisa a non farsi coinvolgere, tutti i personaggi descritti dalla Powell egoisti, crudeli senza rendersene conto, e fondamentalmente stupidi. Lo sono i due manager, nella loro illusione di controllare gli avvenimenti e nella scadente qualità dei loro passatempi, alcol e donnine frequentate senza prudenza; lo sono le loro mogli, una volgarissima e, una volta ferita, spietatamente vendicativa, l’altra bloccata fino alla frigidità dall’educazione aristocratica che ha ricevuto – viene da una pomposa famiglia di palloni gonfiati – ma poi, una volta emancipatasi, incapace di dare un senso alle proprie azioni. Intorno a queste due coppie agiscono , sempre cercando il proprio tornaconto con maggiore o minore goffagine, vari personaggi grotteschi, tra cui risultano particolarmente spassosi un maneggione spiantato che carpisce la fiducia di uno dei due manager e si mette ad agire per suo conto; la logorroica madre mezza alcolizzata della disegnatrice, proprietaria di una squallida pensioncina; la posrtribolare ex moglie di uno dei manager che gli ricorda un passato di cui egli ha tentato di liberarsi ma del quale non riesce a non provare qualche nostalgia. Abbiamo insomma una duplice carriera di libertino alla Hogarth, le cui tappe sono evocate con un occhio lucido e con un’ironia diabolica che giustificano l’entusiasmo del grande promotore della riscoperta di questa autrice negli ultimissimi anni, Gore Vidal.

 

Rossella Martina, IL GIORNO
– 30/06/2002

 

Angeli a colazione

 

La Powell è nata nel 1896, ma non lo si può certo capire dai suoi romanzi. Questo, pubblicato da Fazi, uscì nel 1940 ed è straordinario come lo si possa leggere anche come satira argutissima della new economy o più in generale di un certo ambiente maschile dove si lavora e si guadagna molto e ci si sente quindi autorizzati ad avere mogli, amanti e complicazioni sentimental-sessuali sostenute da amici e da alcol. Lou e Jay, manager di successo, sono assi nel combinare guai di vanità e egooismo, ma altrettanto nel salvarsi reciprocamente. Divertente e spietato “Angeli a colazione” mantiene intero il merito di essere considerato un libro di culto.

 

Giulia Crivelli, IL SOLE 24 ORE
– 30/06/2002

 

Quei manager divorano tutto

 

 

Dawn Powell aveva un immenso talento, oltre che intelligenza, senso dell’umorismo, ironia. Ma non fu una donna felice: un matrimonio difficile, un figlio autistico, problemi con l’alcol ma anche economici, dovuti alle alterne fortune dei suoi libri. Quando Angeli a Colazione uscì, nel 1940, vendette pochissime copie; dieci anni dopo si trasformò in un libro di culto per coloro che pensavano esistesse solo un mondo, quello vivace della Manhatthan bene. Gore Vidal, grande ammiratore della scrittrice, ha detto di lei: “Dawn Powell è stata per anni sul punto di non essere solo un’autrice di culto, ma una vera e propria religione”. Morì sola e in miseria nel 1965; fu sepolta in una fossa comune. Protagonisti del romanzo sono Lou Donovan e Jay Oliver, dirigenti d’azienda sfrenatamente ambiziosi, dediti con impazienza a cercare affari da concludere donne da conquistare. Molti i personaggi femminili: da Ebie, romantica e intelligente pubblicitaria, a Trina Kameray, giovane senza scrupoli e dal fascino europeo; dalla signorina Frey, segretaria saggia e sensibile, a Flo, chiassosa e volgarissima consorte di Jay, così diversa da Mary, aristocratica, discreta e apparentemente rassegnata a essere la moglie di uno come Lou. Angeli a colazione conserva una stupefacente modernità, perché anche oggi, come scrive Tim Page, biografo dell’autrice, non è raro incontrare “i discendenti di Donovan e Oliver, mentre corrono a prendere l’aereo e latrano furiosamente al cellulare”. Terzo dei romanzi della Powell pubblicato da Fazi, dopo the Golden Spur e gira magica ruota, anche questa edizione si avvale della bella traduzione di Alessandra Osti.

 

 

Simone P. Barillari, ALIAS – IL MANIFESTO
– 29/06/2002

 

N.Y. Angeli, treni e whisky

 

È un’ipotesi suggestiva e non troppo improbabile che, sul finire degli anni Trenta, quando sceneggiava in forma di dialogo delle “analisi di canzoni” per un programma radiofonico newyorchese, Dawn Powell si sia occupata in qualche modo anche di TT on toast di Duke Ellington, e da lì abbia poi tratto emozioni e titolo per il suo settimo romanzo, capace di tutte le invenzioni e le velocità di uno swing. Per la New York dell’Onyx e del Cotton Club era il tempo della swing craze, con gli scatenati ballerini jitterbug delle classi alte che si lasciavano rovesciare addosso quella musica con le facce all’insù come se fosse acqua, una musica non troppo nera per un’America bianca restituita ormai da Roosevelt al suo ottimismo. Angels on toast (Angeli a colazione, p. 271, 16 €, Fazi Editore, traduzione non felicissima di Alessandra Osti) uscì al principio di ottobre del 1940, e racchiudeva nel doppio senso del titolo – angeli che brindano, ma anche angeli in trappola – tutta quell’atmosfera: quel mood, come lo chiamò Duke Ellington: bollicine di brio, sorrisi infrangibili e precipizi di estasi mondana, certi cupi animali sociali e la sofisticata disperazione wasp, qualche mediocre immoralità senza mai la solennità del peccato e destini altenanti e interscambiabili, come sembrò involontariamente suggerire il risvolto di copertina della prima edizione, dove Jay Oliver e Lou Donovan, i due protagonisti, diventavano Jay Donovan e Lou Oliver.
Questo tempo e queste persone – “persone normali, che dicono una cosa e ne fanno un’altra, che mettono sull’avviso chi sta vicino al pericolo proprio mentre loro ci si tuffano dentro” scrisse nel suo diario Dawn Powell – sono la materia di cui i suoi romanzi sono fatti, e anche di treni e di whisky, più che di trame e di idee: Angeli a colazione si apre su una bottiglia di B.E.B. Robinson in un vagone di prima classe lungo la linea Chicago-New York, e si chiude con poco Ballantine e poco Black and White, e anche poco brandy, nel mobiletto di un ufficio, appena dopo una stazione e in mezzo a qualche ultimo bicchierino. Su questo tempo e queste persone Dawn Powell aveva sempre da parte un gruzzolo di aneddoti e osservazioni nei suoi infiniti taccuini o sul retro di buste usate. E poi, spesso in notti di benzedrina e maxitrol, imprigionava quei giorni leggeri e lunghissimi in qualche dialogo esemplare, come un passaggio di ottoni intricato e perfetto. Paragonava il processo di scrittura dei suoi romanzi alla costruzione di un nido, “e l’uccello è una gazza”: rubava o era ispirata dalla dorata amicizia con Hemingway ed Edmund Wilson, ma soprattutto da gente come suo cognato Harry, luccicante modello di affarista per le figure di Jay e Lou. Voleva scrivere in uno stile “contemporaneo in modo incadescente”, e conosceva New York “meglio di chiunque altro – non storicamente, ma adesso, in questo momento”: it don’t mean a thing if it ain’t got that swing, cantava in sottofondo Duke Ellington.

Angeli a colazione - RASSEGNA STAMPA

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